Esteri

Netanyahu non è un santo. Ma la guerra ad Hezbollah è necessaria

Israele combatte una battaglia contro Hamas e il Partito di Dio, ma è l’Iran il vero nemico. Dopo il 7 ottobre, non c’era alternativa

Bibi Netanyahu

No, Netanyahu non è Churchill, come giustamente ha scritto Francesco Cundari su Linkiesta ma sono pochi i liberali, a mia conoscenza, che lo considerano un difensore della liberaldemocrazia occidentale. Al contrario, e io sono fra quelli, lo ritengono da anni un pericolo per la liberaldemocrazia israeliana innanzitutto.

Ma la guerra che Israele sta combattendo contro Hamas e Hezbollah, e per essere più precisi, contro l’Iran, è una guerra necessaria dopo l’eccidio del 7 ottobre 2023. Hamas si è mossa quando i paesi Arabi e Israele stavano per chiudere un accordo che avrebbe messo con le spalle al muro l’Iran e i suoi bracci armati Hamas e Hezbollah costringendoli a trattare un accordo definitivo con Israele, riconoscendone il diritto all’esistenza e alla sicurezza.
Gli accordi di Abramo avrebbero condotto alla pace vera con i palestinesi, non a una tregua perennemente condizionata dal terrorismo e dagli attacchi alimentati dall’Iran.

Guardare alle guerre con gli occhi della morale non porta beneficio a nessuno. La guerra l’ha scatenata l’Iran tramite Hamas, gli eccessi e i crimini della guerra sono parte orrenda e imperdonabile di quella cosa orrenda e imperdonabile che è la guerra. Esistono tribunali internazionali che valuteranno se anche le minime regole della guerra sono state violate, e da chi. Non so se dalla violenza di queste guerre mediorientali uscirà una soluzione per il futuro. Ma soltanto una pace giusta ne sanerà se non le ferite il potenziale di ulteriore violenza che il terrorismo e la repressione hanno diffuso in passato e continuano a diffondere.

La pace giusta. La politica quindi.

Marco Taradash, 26 settembre 2024

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