In questi giorni sulla stampa israeliana, e anche su quella straniera, soprattutto su quella straniera, le polemiche contro Netanyahu sono state feroci. Nonostante la regola non scritta che i conti si faranno alla fine della guerra, la quasi totalità del lato sinistro dell’elettorato israeliano capeggiato da Yair Lapid, con Benny Ganz che, avendo i piedi su due staffe, barcolla ma non molla, da giorni sta chiedendo a gran voce le dimissioni del governo e la chiamata alle urne.
Nella storia dello Stato Ebraico non si sono mai tenute elezioni con una guerra in corso, ma questa sinistra israeliana, sicuramente finanziata con denaro sul quale bisognerà, nei tempi e nei modi giusti, verificare le fonti, continua con questo mantra che oltre ad essere ormai diventato noioso è anche stucchevole. A rendere la situazione ancora più difficile sono state le dichiarazioni di alcuni ex ufficiali dell’esercito che sono arrivati a dire che a Netanyahu fa comodo che i rapiti rimangano in mano ad Hamas.
Tutto si può dire di Bibi e del suo governo, ma arrivare al punto di considerarlo responsabile della detenzione dei deportati da Hamas nella striscia di Gaza rappresenta il vertice dell’idiozia e la storia insegna che scendere a patti con una banda di terroristi assassini, gente che non ha a cuore neanche la sua stessa popolazione, oltre che a non essere etico dà legittimazione a gente con le mani lorde di sangue. Abbiamo visto tutti come è andata a finire quando, su pressione americana, il governo di Gerusalemme ha accettato la tregua per lo scambio prigionieri. La prima tranche doveva durare cinque giorni ma al quarto i missili erano ricominciati a volare verso i villaggi di confine e le città del centro Israele.
Queste affermazioni sono tipiche di chi sa solo seguire la sua ideologia ed è cieco davanti alla realtà. Lo possono dire all’estero, ci siamo abituati, ma detta da israeliani, soprattutto da gente che ha passato la vita o parte di essa nelle forze armate, è inaccettabile. Sempre sotto la pressione americana il governo israeliano ha accettato diversi compromessi, come detto prima lo scambio di prigionieri, l’entrata degli aiuti umanitari e il fermo di certe operazioni. Ma dopo la scoperta della centrale dell’Intelligence di Hamas venti metri sotto l’edificio dell’UNRWA, la United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East che, di fatto, è la prova definitiva di quanto le Nazioni Unite siano e siano state in passato colluse con il terrorismo internazionale, i parametri sono cambiati e neanche i ricatti arrivati da Washington hanno più presa sul governo di Gerusalemme.
Durante una telefonata durata circa 45 minuti tra Joe Biden e Netanyahu, la prima tra i due leader da quando il Presidente USA ha affermato che la risposta israeliana a Gaza è stata “sopra le righe”, Biden aveva detto a Netanyahu che Israele doveva andare avanti con un’operazione militare nella densamente popolata città di Rafah senza un piano “credibile” per proteggere i civili. A questo bisogna anche aggiungere che funzionari egiziani hanno minacciato la sospensione trattato di pace con Israele se questo avesse inviato truppe a Rafah, dove il Cairo teme che i combattimenti possano costringere la chiusura della principale rotta di approvvigionamento di aiuti del territorio palestinese. Nonostante le pressioni e le minacce, Netanyahu sta andando dritto per la sua strade e dopo aver fatto sapere che l’invio di truppe a Rafah è necessario per vincere la guerra contro Hamas, ha anche affermato che ci sono all’interno della città ancora quattro battaglioni che debbono essere distrutti.
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La prova l’abbiamo avuta durante la notte scorsa quando i reparti speciali dello Yamam, la polizia di frontiera, coadiuvati dalla Oketz Unit, i reparti cinofili dell’esercito, con l’appoggio dell’aeronautica hanno liberato proprio a Rafah due degli ostaggi israeliani che erano stati rapiti da Hamas. Fernando Simon Marman, 60 anni, e Louis Har di 70, rapiti da Hamas il 7 ottobre dal Kibbutz Nir Yitzhak, appena tornati in libertà sono stati immediatamente riportati in Israele. Entrambi apparentemente in buone condizioni mediche, sono stati trasferiti per accertamenti all’ospedale Sheba Tel Hashomerdi Tel Aviv dove hanno incontrato le famiglie.
Secondo voci che si susseguono con insistenza, la maggior parte degli ostaggi in mano ad Hamas si trova proprio a Rafah e se queste voci saranno confermate vedremo probabilmente nei prossimi giorni nuove operazioni di questo tipo. Anche se è difficile crederci, la speranza, che è sempre l’ultima a morire, è che Yahya Sinwar, Mohammed Deif e il resto della cerchia, a Gaza e in Qatar, capiscano che è finita e si arrendano per risparmiare altri lutti e altre sofferenze. Purtroppo però sappiamo che i dittatori preferiscono morire anziché arrendersi.
Michael Sfaradi, 12 febbraio 2024