Hany Ghoraba, Senior Fellow dell’Investigative Project on Terrorism (IPT), è uno scrittore egiziano, analista politico e dell’antiterrorismo presso il settimanale Al Ahram e collaboratore regolare della BBC. È autore di Egypt’s Arab Spring: The Long and Winding Road to Democracy Ha scritto e collaborato con oltre una dozzina di testate, periodici e reti internazionali, tra cui Newsmax, OANN, BBC Radio, CSP, MEF, American Spectator, American Thinker, Arab Weekly e Al Arabiya News. Nessun sospetto di “sionismo” quindi, ma di giornalismo d’inchiesta che persino in Egitto ancora esiste.
La posizione della Svizzera
In un lungo report ripreso dal sito United with Israel, Ghoraba sintetizza quella che potrebbe apparire una inversione di tendenza ma che tale non è: la Svizzera resta il Paese neutrale per eccellenza ma la sua neutralità non si estende ai gruppi terroristici. Banale? Neanche tanto. Perché con il pragmatismo protestante che la caratterizza, la Svizzera ha assunto una serie di misure che non prestano il fianco a dubbi: neutrali sempre, con i terroristi mai.
Il 23 ottobre scorso, una commissione parlamentare svizzera ha votato per bandire Hamas in quanto gruppo terroristico e ha proposto di bandire Hezbollah per lo stesso motivo. Il divieto sarà ratificato dalla Camera dei Rappresentanti e dal Senato entro l’inverno e le nuove norme comporterebbero pene sino a 20 anni di carcere per chiunque aderisca o aiuti queste organizzazioni che proprio in Svizzera sembrano sia impegnate in una crescente attività di proselitismo.
Le autorità di sicurezza svizzere rimangono in stato di massima allerta quest’anno a causa delle crescenti minacce terroristiche dello Stato Islamico contro i Paesi europei, secondo quanto dichiarato da Christian Dussey, direttore del Servizio federale di intelligence (FIS) lo scorso agosto.
Le recenti mosse dei gruppi islamisti hanno giustificato un maggiore controllo e persino un aggiornamento della strategia nazionale antiterrorismo svizzera, definita nel 2015 e aggiornata lo scorso maggio. La strategia aggiornata ha permesso alle unità di polizia di avere più libertà nella gestione delle questioni legate al terrorismo e fornisce definizioni più ampie di terrorismo per combattere le nuove minacce.
La Svizzera è ancora oggi il paradiso mondiale del private banking, con oltre 9,4 trilioni di dollari di attività nel 2023 detenute nelle banche svizzere. La metà di questi appartiene a conti ed entità straniere. Il codice di segretezza delle banche svizzere risale al 1713, ma oggi il Paese collabora all’interno serie di organizzazioni internazionali per combattere queste attività illecite, tra cui il Gruppo d’azione antiterrorismo (CTAG), affiliato al G8. Nella consapevolezza che eliminare i finanziamenti a Hamas, Hezbollah e altri terroristi non sarà facile, la Svizzera ha comunque allo studio una serie di norme mirate a individuare quali conti sono riconducibili ai terroristi. In ciò indagando su organizzazioni di copertura, sulle ONG e sulle entità. In particolare – sottolinea Ghoraba nella sua inchiesta – la Svizzera sta cercando di bloccare i finanziamenti a organizzazioni internazionali che potrebbero essere utilizzate per il terrorismo anche se portano il marchio delle Nazioni Unite, come la controversa UNRWA.
Il 10 settembre il Consiglio nazionale svizzero ha approvato una mozione per tagliare i fondi all’organizzazione per la presunta collaborazione con Hamas. Secondo il Jerusalem Post, a David Zuberbühler, membro del Consiglio nazionale svizzero che ha introdotto la norma, è stato impedito, insieme a una delegazione parlamentare, di accedere al materiale didattico utilizzato dall’UNRWA durante una visita a Betlemme nel gennaio 2023.
La Svizzera ha condannato con forza sia l’attacco terroristico di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023, sia gli attacchi di Hezbollah.
Prima la pace, poi i due Stati
Inoltre, nonostante sostenga la soluzione dei due Stati come mezzo per risolvere il conflitto israelo-palestinese, lo scorso aprile la Svizzera si è astenuta dal votare per la piena adesione di uno Stato palestinese alle Nazioni Unite. Il governo svizzero ritiene di poter sostenere uno Stato palestinese solo in caso di pace nella regione. “Al momento” l’ammissione della Palestina ‘non favorirebbe’ la distensione e gli sforzi di pace in Medio Oriente, ha dichiarato un comunicato del Ministero degli Esteri svizzero. “La Svizzera è del parere che sarebbe meglio ammettere la Palestina come membro a pieno titolo dell’ONU in un momento in cui tale passo si inserirà nella logica di una pace emergente”.
La Camera dei rappresentanti svizzera ha ribadito la stessa posizione a giugno, respingendo una mozione del Partito socialdemocratico per il riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente.