Intervista di Libero del 24 ottobre 2016
Intervistare un giornalista offre delle comodità: l’essenzialità dell’interlocutore, telegrafico poiché mediamente stressatissimo (per vocazione professionale); la scarsissima ambiguità delle risposte, quasi trascrivibili in tempo reale; la (sua) scelta delle parole, auspicabilmente sapiente.
Nicola Porro, conduttore di Matrix e vicedirettore de Il Giornale, è un giornalista. E senza avventurarsi nel concetto di “sapienza”, sulla scelta delle parole lavora per sottrazione: per farti capire che il bersaglio grosso – e, s’immagina, neppure degno di troppo rispetto – è Antonio Campo Dall’Orto, il cognome non lo dice mai. Il dg della Rai è soltanto il «Conte Mascetti».
All’inizio di ottobre Porro sarebbe dovuto tornare in Rai, come ospite, a parlare nel salottino di Corrado Augias del suo libro ultra-liberista, La disuguaglianza fa bene (La nave di Teseo, pp. 317). All’ultimo gli hanno detto che «no, grazie, magari tra un mese. Sa, la par-condicio sul referendum».
Ma che gli hai fatto di così tremendo a quelli della Rai?
«Prima di tutto: mi spieghi cosa c’entra il mio libro col referendum? Ma il Conte Mascetti lo capisco, fa bene a non farmi invitare da nessun canale Rai: è il suo primo grande atto aziendale. Tutela il gruppo: parlerei talmente male di lui e dei vertici che fa bene a non farmi entrare, non lo dico ironicamente. Non può tollerare che in Rai qualcuno sveli il suo fallimento».
Prego, col fallimento.
«Pensa di fare informazione con nuovi linguaggi, e già non si capisce che vuol dire. Poi questi nuovi linguaggi perdono contro i Paragone e i Floris. L’unico nuovo linguaggio è il costo, tre volte superiore alla gestione precedente grazie al canone in bolletta. Il Conte Mascetti dietro alla sua etichetta nasconde il fallimento più grave della Rai degli ultimi 20 anni».
Sbaglio se dico che lo stop a Virus è più figlio suo che di Renzi?
«Virus parlava un linguaggio comprensibile anche nei bar della Magliana, mica come quello del Conte Mascetti che si comprende sì e no in quelli fighetti di Milano. Il programma non gli piaceva. Poi però il Conte ha dinamiche incomprensibili: si fatica a capire se a brigare è lui o l’altro uomo forte della Rai, quello con i pantaloni molto corti e stretti in fondo, in questo molto simile a Renzi (Giovanni Parapini, direttore della comunicazione, ndr)».
Per Campo Dall’Orto troppo ardito il salto da Mtv a Viale Mazzini?
«Metterlo in Rai è come chiedere a me di dirigere la Nasa: fai il tuo mestiere! Sarebbe stato ottimo come ospite in uno di quei programmi di terza serata che ora propongono in prima serata».
Senti, ma dopo tutto ciò, Renzi lo vedremo a Matrix?
«In trasmissione porto tutti gli attori importanti della politica. L’ho sentito, penso che verrà».
Non sei sulla black list, dunque.
«Non credo che esista: se Renzi accetta di confrontarsi con Travaglio e con giornalisti che usano toni apodittici nei suoi confronti non capisco perché debba avere una black list. È roba da personaggi di serie B».
Ma parlare in tv del referendum non allontana il pubblico?
«È un po’ come quando nel film L’aereo più pazzo del mondo c’è il racconto del reduce di guerra: la gente si suicida, si dà fuoco, si impicca, si affoga. Vero: tutto, pur di non parlare del referendum in tv».
Cosa voti il 4 dicembre?
«Chi conduce un programma politico non può schierarsi: te lo dico dopo il voto».
L’intervento di Berlusconi al Tg5 elimina ogni sua ambiguità sul “no”?
«Il Cavaliere è capace sempre di stupire, mettiamola così».
Ho sentito Giannini a DiMartedì dire che l’endorsement di Obama può convincere gli indecisi.
«A votare sì?».
Esatto.
«Mmmhh…un grande imprenditore, per il sì, mi ha detto che comprerà una pagina pubblicitaria su tutti i quotidiani mettendo le facce di chi vota no. Secondo lui, la strategia giusta è quella. Chiaro?».
Chiarissimo. Se vince il “no” che succede?
«Renzi non si dimette e nel breve periodo ci sarà un gran casino in maggioranza: i Bersani, i Cuperlo e i D’Alema gliela faranno pagare».
Sulla manovra non hai usato toni drastici: salvi qualcosa?
«Ci sono molte cose buone: sacrosanta la rottamazione delle cartelle, giustissima la voluntary sul contante, ottime le esenzioni fiscali. Il prezzo però sono il deficit e i troppi soldi per le pensioni, due scelte contro i giovani».
Chi parla di norma salva-Corona?
«Cazzata totale».
C’è vita nel centrodestra?
«Dovrebbe essercene molta in più, perché Renzi gli sta sottraendo tutti i temi fondamentali».
Un nome, anche esterno alla politica, buono per ricostruire?
«Esterno è difficile: ci vuole qualcuno che il centrodestra lo gestisca in modo professionale, va trovato dentro. Ce ne sono molti ma non ne vedo uno che spicca».
Salvini rivendica la leadership: con lui si vincono le elezioni?
«Forse no».
Se un giorno ti chiedessero di candidarti?
«Impossibile: sono troppo a destra».
Movimento 5 Stelle a Roma: ti aspettavi questo gran casino e subito o siamo noi giornalisti un po’ puzzoni a montarlo?
«Penso che la stampa sia stata, come dici tu, un po’ puzzona e vigliacca. Era lì col fucile puntato: quando Grillo dice a un giornalista che fa schifo quello sta lì col microfono a farsi insultare, io lo manderei a quel paese subito. La stampa si vendica subdolamente, dopo qualche mese, alla prima occasione buona. Detto ciò, c’è un secondo aspetto fondamentale: non era pensabile che una persona senza nessuna esperienza, al grido di “onestà-onestà”, potesse gestire una macchina complessa come quella di Roma. Era largamente prevedibile che fallisse».
Ma intanto, dicono i sondaggi, il M5s non perde un voto: li troveremo al governo?
«Se l’immigrazione continuerà ad essere insopportabile e se l’economia continuerà a crescere in maniera ridicola come avviene ora il voto di protesta del M5s crescerà al di là di ogni loro stupidaggine».
“Dossier Marcegaglia”: assolto. Nessun “dossier”, né violenza privata, né macchina del fango. Contento?
«Incazzato: non ne ha parlato nessuno. Sapevo di non aver fatto nulla, tanto che anche il pm ha chiesto l’assoluzione. Non avrei mai pensato che i giornaloni che mi avevano sputato addosso – Corriere, Repubblica, Stampa e Messaggero – non pubblicassero nemmeno una riga. Ci fanno le lezioncine sul Paese liberale, sulla destra moderna: ipocriti assoluti».
A proposito di “liberale”: cosa significa La disuguaglianza fa bene?
«Che un liberale deve occuparsi di rendere tutti più ricchi, dunque tutti disegualmente facoltosi».
Un buon motivo per leggerlo.
«È un bignami in cui spiego quali sono i fondamenti della cultura liberale di destra: in questo Paese mancano».
Torniamo alla tv.
«Non chiedere a un conduttore di un talk di parlare dei talk».
Parliamo di direttori: Minoli ha detto a Libero che ne avrebbe trovati cinque migliori della Bignardi per Rai 3. Confermi?
«Credo che Minoli abbia la presunzione che hanno i vecchi signori quando raccontano ai bebè cosa succede al mondo: anche lui, se lo mettessero alla Nasa spiegherebbe agli ingegneri come far atterrare su Marte la sonda Schiaparelli. Quando sento i giudizi di Minoli quasi quasi mi sta simpatica pure la Bignardi».
Chi è Chiambretti?
«Un genio vero».
L’ospite che vorresti in studio?
«Dolce e Gabbana: straordinari dal punto di vista economico, del pensiero e del politicamente scorretto».
Ho letto che d’estate giri con i piedi nudi in redazione.
«Vorrei stare sempre a piedi nudi. Ma invecchiando non me lo permettono più: nelle nuove redazioni in cui mi trovo verrebbe vissuto come un gesto eccessivamente naïf».
Vero anche che quando perdevi a tennis con Filippo Facci fingevi clamorosi imprevisti pur di non concedergli l’ultimo punto?
«Sono molto più forte di Filippo a tennis: non ho bisogno di fregarlo».
Ma ti manca la prima serata?
«Nooo. Buonissimo così. Contano le teste: faccio lo stesso numero che fanno quelli in prima serata».
“Quelli” sono Conte Mascetti & C. e stiamo parlando di share.
«Ecco, fammi aggiungere una cosa. Prima intervista da uomo Rai, il Conte Mascetti dice: “Vogliamo una tv che non si occupi di ascolti”. Tutte palle: in una riunione a porte chiuse mi dissero che Rai 2 non si poteva permettere Virus perché faceva il 4,5%. Gli ascolti sono il verbo ipocrita della Rai del Conte Mascetti».
Andrea Tempestini, Libero 24 ottobre 2016