Ora, ci diranno che pure l’Accademia della Crusca è discriminatoria nei confronti del gender. Si scherza (almeno si spera), ma in tempi di fluido e politicamente corretto ormai tutto è possibile. Dopo le volontà del sindaco di Firenze, Dario Nardella, di introdurre le comunicazioni di Palazzo Vecchio con l’asterisco, e dopo il continuo uso – di murgiana memoria – che una certa stampa di sinistra ne sta facendo, è arrivata però la definitiva stangata della Crusca. No agli asterischi, no alle “schwa” e no anche alle duplicazione retoriche (“i cittadini e le cittadine”, “le figlie e i figli”).
Dopo la presentazione di un quesito da parte del comitato di pari opportunità del consiglio direttivo della Corte di Cassazione, circa l’utilizzo di schwa e asterischi anche negli atti giudiziari, l’Accademia ha deciso di bandire il loro utilizzo, insieme all’utilizzo degli articoli davanti ai nomi propri (non si dirà “la Meloni”, ma semplicemente “Meloni). Permane, però, la declinazione femminile di alcune professioni, come “avvocata”, “magistrata”, “pubblica ministero”, “difensora” e via andare.
Con lo stesso paradigma, però, dovremmo modificare anche “persona” in “persono”, in quanto troppo poco tendente a rappresentare solo il sesso maschile. O ancora, stessa cosa con le formule uniche di “commercialista” e “giornalista”, in quanto eccessivamente orientati al riconoscimento di un determinato genere, piuttosto che un altro. Ma si sa, come abbiamo detto prima, tutto è possibile in tempo di politicamente corretto. E chi cerca di sollevare il minimo dubbio, rischia di essere trattato come reietto, razzista e sessista.
Per approfondire:
- Il pistolotto sulle famiglie Lgbt. Da Littizzetto idiozie in libertà
- Nardella, ma che schifo: arriva l’asterisco stile “Murgia”
- Saviano-Meloni, Violante silura la Murgia: che lezione su “bastarda”
Comunque, l’Accademia della Crusca – giustificando la scelta di “vietare” schwa e asterischi negli atti giudiziari – segna un passo importantissimo. “Una simile concezione della lingua – si legge – non è universalmente condivisa, e anzi c’è chi vede il pericolo di un eccesso di intervento“. Non solo: secondo la Crusca “la lingua giuridica non è sede adatta per sperimentazioni innovative minoritarie che porterebbero alla disomogeneità e all’idioletto. In una lingua come l’italiano, che ha due generi grammaticali, il maschile e il femminile, lo strumento migliore per cui si sentano rappresentati tutti i generi e gli orientamenti continua a essere il maschile plurale non marcato, purché si abbia la consapevolezza di quello che effettivamente è un modo di includere e non di prevaricare”.
E ancora: “Le moderne neuroscienze – afferma la Crusca – hanno messo in discussione il fatto che la lingua costituisca di per sé un condizionamento e un filtro rispetto alla percezione dei dati empirici reali”. Questo per dire che, secondo l’Accademia, i principi ispiratori dell’ideologia legata al linguaggio di genere e alle presunte storture della lingua tradizionale non vanno sopravvalutati, perché “sono in parte frutto della radicalizzazione legate alle mode culturali” di oggi. Un vero e proprio smacco per il partito delle Murgia, dei Saviano e delle Elly Schlein.