Politica

“No al tampone”. E i migranti sfuggono al rimpatrio

Il trucco del tampone per sfuggire all’espulsione: così gli stranieri “sfruttano” il Covid per restare in Italia

Eccolo qui, il lato oscuro del tampone, diventato ormai la scusa dei migranti per riuscire a evitare il rimpatrio nel loro Paese di origine. Lo rivela un servizio di Quarta Repubblica mandato in onda ieri sera. A Torino, dove ha sede uno dei centri di rimpatrio per migranti più importanti d’Italia, il numero delle espulsioni è fermo al palo a causa di un “trucchetto” scoperto dagli stranieri: rifiutandosi di sottoporsi al test anti-Covid, rendono impossibile alle autorità caricarli su un aereo, impedendo così il loro rimpatrio.

In Italia il numero degli sbarchi cresce vertiginosamente. Nel 2021 siamo già a quota 54mila, quasi il doppio dei 29mila dell’anno scorso. Decisamente più rispetto agli ingressi del 2019. Per alleggerire le strutture che sul territorio accolgono gli stranieri, ci sarebbe una sola soluzione: riportare in patria chi non ha diritto allo status di rifugiato. Peccato si tratti di una trafila burocratica piuttosto complicata: l’Italia non ha siglato con molti dei Paesi interessati accorti bilaterali sulla riammissione di chi è entrato illegalmente nel Belpaese; e il Covid ha complicato ancor più la faccenda. Prima, bloccando di fatto tutti i voli in partenza. E ora fornendo l’assist agli immigrati per sfruttare un cavillo sanitario per rimanere in Italia.

Prima di essere caricati sugli aerei che li riporteranno nel loro Paese, infatti, i migranti espulsi devono essere sottoposti a un test anti-covid. Normale amministrazione, prevista anche per gli agenti che li accompagnano. Peccato che il tampone non possa essere imposto come trattamento sanitario obbligatorio. Dunque, se i migranti hanno l’accortezza di rifiutarsi, il loro imbarco viene rimandato. E restano in Italia. “Ormai sono a conoscenza della legislazione per cui rifiutando il tampone sanno che non possono essere espulsi perché non possono imbarcarsi sul volo”, spiega Luca Pantanella, sindacalista dell’Fsp Polizia. E così se nel 2019, cioè prima del Covid, i rimpatri annuali arrivavano anche a quota 4.408, ora l’obiettivo appare impossibile da raggiungere. Le espulsioni sono praticamente ferme. “A Torino da primo gennaio le persone trattenute sono state 601 – dice il garante per i detenuti, Monica Gallo – con solo 111 rimpatri”.