Società

No alla vita “impatto zero”: rischiamo tutto

vita rischio zero © Sketchify tramite Canva.com

Che vita vuoi? Cauterizzata? Impatto zero. Kilometro zero. Quel determinato posto, quei determinati amici, quella determinata routine. Si possono anche dosare adeguatamente sensualità e amore se vuoi, tutto in pratiche boccette da restituire a fine uso. Vuoto a rendere o vuoto e basta.

In fondo basta autoregolarsi, si può regolare la dose di empatia, la dose di attenzione, la dose di parole. Anzi, le parole in particolare si possono scegliere con cura, si possono cucire insieme, seducenti come vestiti di campionario, per ammaliare l’acquirente. Non devono per forza corrispondere ai pensieri, alle intenzioni, alle finalità. Certo, bisogna manipolare un po’, ma che vuoi che sia? È lo scotto da pagare per chi deve avere tutto a misura d’uomo, a propria misura, per chi deve gestire la sua realtà annessi e connessi o per chi crede in questa illusione. E non importa quanto tu sia grande o piccolo, l’importante è che quel mondo ti calzi a pennello come un paio di collant, indossate le quali puoi camminare con passo leggero sulle uova, cercando di romperne il meno possibile.

E quel tanto di amore che riesci a ottenere senza soffrire troppo dovrebbe bastare a un adulto ben piantato con una certa esperienza sulle spalle. Dovrebbe bastare anche quella confezione di passione per un hobby a soddisfare vocazioni abortite e slanci di desiderio inopportuni. Che dire poi delle relazioni? Con i figli, con i colleghi, con gli altri? Si può ascoltare con un filtro solo quello che si vuole e soddisfare quella piccola parte, per non implicare troppo l’anima e i demoni che la popolano, sai mai che rischino di essere risvegliati da una corrispondenza eccessivamente autentica e profonda.

Bello questo passo felpato nell’esistenza che non lascia impronte, che scivola furtivo pieno di paure fino agli inferi delle notti più nere che capitano, si sa, anche nelle migliori famiglie. Una bella spalmata di freddezza sul cuore può permetterci di attraversare questa vita indenni, senza affanni, senza sugo. Piccolezza e miseria di un uomo moderno indifferente alle emozioni, che non sa più leggere né scrivere.

Potrebbe davvero sembrare tutto perduto se non fosse che, grazie a Dio, la storia non la scriviamo solo noi e, come spiega Marcello Veneziani con Giambattista Vico: “Siamo dentro un disegno, ma alla fine conosciamo bene solo il tratto che noi abbiamo tracciato e percorso. Noi possiamo conoscere e cambiare solo ciò che facciamo. Della realtà conosciamo i segmenti, l’intero disegno si può vedere solo dall’alto”. Esiste una visione dall’alto, quella della Provvidenza, che incastona il nostro limite, il nostro niente in un significato e lo blandisce con un riflesso di luce che, come uno zefiro, scioglie il ghiaccio e fa fiorire in noi colori mai visti, sussurrandoci piano che la bellezza autentica ci scuote interamente e ci chiede di rischiare tutto.

Fiorenza Cirillo, 2 febbraio 2024

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