Quando ho sentito urlare dal palco “oggi aboliamo il greenpass e ci riprendiamo Roma” e, alla fine della manifestazione, “ora andiamo a occupare la sede della Cgil”, ho capito che qualcosa non quadrava nella narrazione fatta dal palco di piazza del Popolo, davanti a migliaia di persone. Sicuramente oltre 50 mila, arrivate da tutta Italia con cartelli e striscioni di cui nemmeno uno, tra i tantissimi che ho potuto vedere, era rivolto a insultare il sindacato o il suo segretario nazionale. E questo è un fatto di cui bisognerebbe tenere conto, per capire quanto poi accaduto. Perché le piazze, anche le più pacifiche, sono facilmente manipolabili da chi le sappia manipolare: basta dargli un nemico e indicargli un obiettivo. Magari senza lasciare intendere chiaramente come quel nemico possa essere vinto o quell’obiettivo conquistato.
Ho fatto un esperimento, appena finita la manifestazione, provando a testare la resistenza della polizia contro i manifestanti. I quali dovevano essere bloccati immediatamente, non appena lasciata la piazza, già circondata da varie camionette della polizia, oltre che sorvegliata da droni e da un elicottero. Ed è stato facilissimo accorgersi che non c’era nessuna forma di resistenza, nessun blocco, nemmeno una transenna. Come se fosse normale che un corteo spontaneo, non autorizzato da nessuno, potesse essere lasciato libero di girare per il cuore di Roma, deviare il traffico e dirigersi ad occupare la sede del maggiore sindacato italiano dei lavoratori. È stato tutto alquanto surreale perché, come ben sa chi partecipa a tali manifestazioni, in genere le forze dell’ordine si schierano subito per fare prevenzione e contenere l’adrenalina della piazza, che in ogni momento potrebbe trasformarsi in rabbia, anche contro obiettivi secondari lungo il suo percorso.
Erano le forze dell’ordine impreparate? Non seguo di professione i cortei, anche se ieri ho testato con mano quanto fosse facile arrivare, a passo d’uomo, da soli davanti all’ingresso della Cgil, in Corso Italia. Dove erano state inizialmente schierate soltanto due camionette dei carabinieri. E questo nonostante, almeno venti minuti prima del mio arrivo a piedi in tutta tranquillità, due bombe carta fossero già esplose all’indirizzo di una camionetta della polizia all’altezza di Porta Pinciana. E, ancora prima, già su piazzale Flaminio, un’altra camionetta della polizia fosse stata attaccata e colpita con lancio di oggetti contundenti. Tutto questo, a cui ho assistito direttamente, è avvenuto almeno un’ora prima della devastazione selvaggia e da condannare della sede nazionale Cgil. E poiché la folla, in corteo, si sposta molto più lentamente, sarebbe stato logico blindare tempestivamente non solo la sede ma anche tutto il percorso lungo cui si spostavano i partecipanti al corteo. Un percorso lineare e prevedibile: villa Borghese e il lungo viale che costeggia il Muro Torto e che sbocca in Corso Italia.
Personalmente ho incrociato, lungo il tragitto, solo un autoblindato della polizia e una pattuglia della Municipale messa a deviare il traffico. Se l’obiettivo doveva essere quello di contenere la protesta spontanea e non di rincorrerla, facendo arrivare in massa e addirittura dentro la Cgil centinaia di persone, potremmo dire che l’obiettivo è stato ampiamente fallito. Anche perché una minoranza dei partecipanti al corteo – secondo le agenzie sono una dozzina gli estremisti di Forza Nuova fermati questa mattina insieme ai loro capi – era già noto alla polizia che fossero equipaggiati di bombe carta, fumogeni e dediti allo scontro facinoroso, oltre che alla possibile commissione di altri reati, tra cui l’occupazione della sede della Cgil stessa. Annunciata dai microfoni degli organizzatori, proprio in piazza del Popolo, almeno un’ora e mezza prima che il fatto venisse commesso.
Questa la cronaca per quello che ho visto. Ma sono convinta che molti italiani si siano recati in piazza del Popolo, ieri, senza nemmeno sapere che l’intera manifestazione No green pass sarebbe stata, come è avvenuto, eterodiretta da Forza Nuova e dai suoi leader regionali e nazionali, Giuliano Castellino e Roberto Fiore. Dato che in quella piazza nemmeno uno dei tanti loro attivisti, mescolati tra la gente, sventolava una bandiera o uno striscione che ne mostrasse l’appartenenza alla destra estrema. Non erano identificabili ideologicamente nemmeno i manifesti che invitavano alla manifestazione “La Resistenza non ha confini”, girati sui social. Una scelta deliberata, sin dall’inizio. Sul palco, con Castellino unico mattatore, si sono alternati rappresentanti di aziende dell’Emilia Romagna, Veneto ma anche Piemonte e Calabria, con il magistrato Giorgianni che ha annunciato di abbandonare la toga.
Rapidi gli interventi dei supporter, chiamati solo per nome. Uno dei quali ha spiegato: “Sappiamo tutti chi è Castellino, le sue battaglie, ma oggi è un dato che non interessa”. Non so se esista una registrazione completa di tutti gli interventi sul palco, ma sarebbe la prima cosa da ascoltare per capire da chi siano partite le provocazioni e l’invito, esplicito, ad occupare la sede della Cgil. Dato che il vero capro espiatorio indicato alla folla era non tanto il premier Mario Draghi, di certo non amato dai manifestanti, ma la Cgil e il suo leader Landini, sin dal primo momento. E non sembra un caso: tutti gli interventi erano centrati sull’adozione del green pass sul posto di lavoro e sulla mancata difesa dei lavoratori, con l’invito a straccare le tessere dei loro rappresentanti.
Dallo stesso palco di piazza del Popolo gli organizzatori avevano annunciato anche la presenza di un intervento di Monsignor Viganò, che però – ho chiesto anche ad altri amici e colleghi – non siamo riusciti ad ascoltare. Causa forse il pessimo audio dei microfoni a disposizione, oppure quell’intervento non c’è stato? Non siamo riusciti a capirlo, ma certo il nome di Viganò ha contribuito a richiamare tantissime persone a piazza del Popolo, così come quello dell’avvocato Edoardo Polacco. Figura molto celebre anche sui social per le sue posizioni anti obbligo vaccinale e anti green pass.
L’avvocato romano, anche se ha lasciato il palco, insieme all’avvocato Carlo Taormina prima della fine della manifestazione, ci spiega la sua presenza sul palco: “Nessuno mi ha mai avvertito che dal palco sarebbero stati lanciati proclami contro sindacati e contro la Cgil. Non è stato questo il senso del mio intervento, invito tutti ad ascoltarlo. In tutta la mia carriera non ho mai incitato nessuno a commettere azioni violente: da oltre un anno e mezzo mi batto, con altri colleghi, usando come unica arma la legge. Tutti noi sapevamo che la manifestazione doveva essere statica, senza cortei. Non vorrei ci fosse un disegno, da parte di qualcuno, per tentare di reprimere ogni forma di dissenso democratico”.
Beatrice Nencha, 10 ottobre 2021