Politiche green

No, il cambiamento climatico non ha incendiato il mondo

L’articolo sul Wall Street Journal smonta la bufala: “La percentuale del globo che brucia ogni anno è in calo dal 2001”

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Tra le affermazioni più ricorrenti all’interno del dibattito sul cambiamento climatico, emergono con preoccupante frequenza quelle che vedono il riscaldamento globale come responsabile diretto dell’aumento degli incendi su scala mondiale. Tuttavia, i dati smentiscono categoricamente simili teorie.

“Per più di due decenni, i satelliti hanno registrato incendi sulla superficie del pianeta. I dati sono inequivocabili: dall’inizio degli anni 2000, quando il 3% della terra del mondo ha preso fuoco, l’area bruciata ogni anno ha registrato una tendenza al ribasso”. A scriverlo è Bjorn Lomborg, presidente del Copenhagen Consensus, visiting fellow presso la Hoover Institution della Stanford University e autore di “False Alarm: How Climate Change Panic Costs Us Trillions, Hurts the Poor, and Fails to Fix the Planet“, in un articolo sul Wall Street Journal. “Nel 2022, l’ultimo anno per il quale esistono dati completi, il mondo ha toccato un nuovo minimo storico del 2,2% di superficie bruciata“.

Sarebbe, quindi, erroneo asserire che il riscaldamento globale stia mettendo il mondo a fuoco, come troppo spesso ci viene fatto credere nei titoli sui giornali. “Prendi gli incendi canadesi quest’estate – dice Lomborg – Sebbene i dati completi non siano disponibili per il 2023, il monitoraggio globale fino al 29 luglio da parte del Global Wildfire Information System mostra che nelle Americhe è stata bruciata più terra del solito. Ma gran parte del resto del mondo ha visto una combustione inferiore: l’Africa e soprattutto l’Europa“. Lo stesso dicasi per l’Australia nel 2019-20. “I dati satellitari mostrano che si trattava di una narrazione selettiva. L’incendio è stato straordinario in due stati ma straordinariamente piccolo nel resto del paese. Dall’inizio degli anni 2000, quando l’8% dell’Australia prese fuoco, l’area del paese bruciata ogni anno è diminuita. Gli incendi del 2019-20 hanno bruciato il 4% della terra australiana e quest’anno l’area bruciata sarà probabilmente ancora inferiore”.

Per approfondire

La riduzione dell’area bruciata sulla superficie terrestre non significa che non bisogna minimizzare l’importanza delle politiche di lotta agli incendi. È fondamentale rimanere vigili e continuare a investire in strategie efficaci di prevenzione e mitigazione dei roghi, spiega Lomborg. Allo stesso tempo, è altrettanto importante evitare di alimentare un allarmismo ingiustificato che, anziché favorire soluzioni concrete, contribuisce ad alimentare un senso di impotenza e fatalismo. “L’ultimo rapporto del panel sul clima delle Nazioni Unite non attribuisce gli incendi al cambiamento climatico. Invece, suggerisce vagamente che le condizioni meteorologiche che promuovono gli incendi stiano diventando più comuni in alcuni luoghi. Tuttavia, il rapporto rileva che il cambiamento di queste condizioni meteorologiche non sarà rilevabile nemmeno entro la fine del secolo”.

In un momento storico in cui le questioni climatiche sono sempre più al centro del dibattito pubblico e politico, è di fondamentale importanza fare riferimento a dati oggettivi e condivisi, che possano costituire la base per politiche efficaci e responsabili. “Quando leggi i titoli sugli incendi – scrive Lomborg – ricorda le altre tattiche di paura del clima che si sono rivelate fallimentari”. Prima gli orsi polari, dati per spacciati a causa del clima, ma che “ora si stima che siano più popolosi che mai nell’ultimo mezzo secolo”. Poi “ci è stato detto che il cambiamento climatico avrebbe prodotto più uragani, ma i dati satellitari mostrano che il numero di uragani a livello globale dal 1980 ha registrato una leggera tendenza al ribasso”.

La battaglia per la salvaguardia del pianeta deve basarsi su certezze scientifiche, evitando di cadere in facili semplificazioni e in allarmismi infondati. Il cambiamento climatico è certo un problema che richiede soluzioni concrete, valide e realistiche. Ma la de-carbonizzazione avrà dei costi enormi che non sempre gli elettori sono disposti a sostenere. Servirebbe equilibrio. “I titoli sull’Armageddon climatico – conclude invece Lomborg – sono un tentativo di spaventarci per sostenerli comunque, a costo di discussioni e dibattiti sensati”.