Giustizia

Il caso di Modena

No, il decreto anti-rave non è incostituzionale

Pd e Movimento 5 Stelle sollevano il rischio di estendere la disposizione alle manifestazioni. Conte: “Norma da stato di polizia”

Giustizia

Nella giornata di ieri, si sono levati gli scudi dell’opposizione per la nuova norma anti-rave, codificata dal governo Meloni, a seguito della manifestazione improvvisata di oltre tremila giovani a Modena. L’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ed il segretario del Pd, Enrico Letta, sono stati i primi ad evidenziare una possibile lesione alla libertà di manifestazione; seguiti dalle parole del leader pentastellato Giuseppe Conte, secondo cui “il modo in cui si è intervenuti è raccapricciante”, urlando ad una “norma da stato di polizia”.

Cosa dice la norma

Eppure, nonostante le critiche di una parte consistente del panorama politico e dei quotidiani mainstream, la realtà sembra essere un’altra. La disposizione in questione, infatti, non è rivolta a coloro che organizzino o promuovano un evento pubblico (come molti canali informativi online e stampati sostengono); al contrario, l’art 434bis cp parla specificamente di “invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. In sostanza, con il termine “invasione” si presuppone già una condotta illecita, che quindi non può rientrare nel campo della libertà di manifestazione, tutelata ex art. 17 Cost.

Incostituzionale?

Ma riportiamo in toto l’art. 17 della Carta del ’48: “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. Che cosa si deduce dalla norma costituzionale? Almeno due dati essenziali. Da una parte, presuppone ovviamente una condotta lecita, in cui di certo non può rientrare la nozione di invasione; dall’altra, dispone anche la facoltà di vietare manifestazioni in caso di “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. Nell’ipotesi del rave party di Modena, non solo non si poteva parlare di riunione o manifestazione, riconducibile all’art 17 Cost., ma si trattava di un evento improvvisato e svincolato da qualsiasi autorizzazione o permesso dell’autorità giudiziaria.

Per di più, una simile disposizione è già presente all’interno del nostro Codice Penale: l’art. 633 cp, che configura il delitto di invasione di edifici e terreni, con il potere dell’autorità giurisdizionale di condannare l’esecutivo al risarcimento del danno, nell’eventualità in cui non dovesse previamente intervenire per sgomberare l’immobile.

I dubbi

Fra tutti gli aspetti critici della norma, l’opposizione ha scelto di seguire una strada a vicolo cieco: quella dell’incostituzionalità (inesistente) della norma. Piuttosto, dubbi pertinenti (che rivolgiamo anche noi al governo) potrebbero riguardare il quarto comma, che dispone la riduzione della pena “per il solo fatto di partecipare all’invasione”. Giustamente, non serve scomodare un navigato giurista per chiedersi: “Di quanto è diminuita?”. Su questo, la norma rimane evidentemente carente.

E ancora, visto che la disposizione è interpretata come minaccia all’incolumità pubblica, come ci si approccia nell’ipotesi in cui il rave party sia organizzato dal proprietario dell’immobile o del fondo in cui si svolge la manifestazione improvvisata? Anche quest’ultima ipotesi sembra esser sfuggita al legislatore. Forse, la soluzione migliore sarebbe stata quella di configurare una circostanza aggravante al delitto ex art. 633 cp, ma stiamo parlando di aspetti cosmetici della disposizione. Non certo di una questione di legittimità costituzionale.

Matteo Milanesi, 2 novembre 2022