Una premessa. Questo è un Cameo personale, non coinvolge né Zafferano.news né i quotidiani cartacei o digitali che dovessero riprenderlo.
Manca una strategia
C’è chi sostiene che l’Italia, per ragioni sanitarie, dovrà fare presto un secondo lockdown. Nello stesso tempo, per ragioni economiche e di governo delle tensioni sociali, c’è chi sostiene che il Paese non può permettersi di farlo, se non in una forma leggera. Soprattutto bambini e ragazzi non possono perdere un altro anno di scuola. Così gli adulti perdere il lavoro, merce sempre più rara da difendere a ogni costo. Di un lockdown si conosce la data di “chiusura” mai quella di “apertura”. Il Paese è spaccato fra chi ha redditi garantiti dallo Stato o dai propri patrimoni, e chi invece deve uscire di casa per procurarsi un reddito. Siamo nel classico cul de sac. Per quel che vale (nulla) io prendo posizione, cercando un sentiero privato di solidarietà.
Ormai è chiaro: le leadership europee, Italia compresa, non hanno alcuna strategia, se non il banale “chiudi-apri” per tirare a campare fino all’arrivo del mitico vaccino. Nessuno sa però quando sarà “operativo” con alte percentuali di cittadini vaccinati. Il modello “chiudi-apri” è certamente dispendioso, si rischia il fallimento del paese, se la data fosse spostata oltre la primavera del 2021. Una soluzione parziale potrebbe essere quella di separare noi vecchi dal resto della popolazione. All’apparenza sembrerebbe ragionevole, ma politicamente sarebbe una mossa disperata, specie se dovesse essere imposta con la forza di un decreto. Non siamo a Wuhan dove i cittadini sono stati per mesi birilli del PCC. E poi mi chiedo, allo stato dell’arte della nostra società, sarebbe fattibile? Temo di no, specie in tempi stretti. Si aprirebbe un dibattito a colpi di articoli della Costituzione, che non ci possiamo permettere.
Facciamo un passo indietro
Per questo, tre settimane fa ho deciso di mettermi in un lockdown volontario e preventivo. Certo, mia moglie ed io possiamo permettercelo, sia in termini logistici che economici (pensionati). Mi sono allora inventato un mio progettino che ho chiamato Noi a casa, voi a scuola o al lavoro. Subito mi sono eccitato convinto di poterlo diffondere, poi mi sono reso conto che non avevo le energie per portarlo avanti. Ho ripiegato su una sua applicazione a livello personale.
Ho preso l’impegno morale di praticarlo fino all’arrivo del vaccino. Se tutti quelli che volessero partecipare, ovviamente a titolo autonomo e personale, e il numero fosse significativo, potremmo sottrarre al rischio del contagio le persone più fragili e permetteremmo ai giovani di frequentare la scuola e agli adulti di svolgere il proprio lavoro in serenità. Dal palcoscenico della vita ci toglieremmo noi, più vecchi e più fragili, per tornarci orgogliosamente quando sarà tutto finito. È il classico “passo indietro” che tutti esaltano e sollecitano, purché siano gli altri a praticarlo. Qualcuno deve pur cominciare.
Questa scelta però deve essere convinta e assolutamente volontaria. Sarebbe il contributo, generoso, che quelli di una certa età danno ai loro figli e nipoti, ai loro concittadini, in un momento così drammatico per il Paese. Una specie di “patrimoniale” etico-morale volontaria. Nessuna connotazione politica o ideologica sarebbe accettabile. Chi accetta di farlo dev’essere spinto solo da un sentimento d’amore verso il prossimo, senza nulla pretendere in cambio. In un tema come questo, non abbiamo bisogno di leader, siamo tutti follower, del Paese. Certo più siamo meglio sarebbe. Dal mio lockdown volontario terrò un diario, che pubblicherò su Zafferano.news.
Riccardo Ruggeri, 3 novembre 2020