La giornata di oggi verrà ricordata come la sintesi del fallimento della cultura Occidentale e uno dei punti più bassi raggiunti per cercare di dar vita a un modello alternativo prima che sia troppo tardi e il crepuscolo della nostra civiltà si trasformi in un tramonto senza ritorno. In tutto l’Occidente stanno avvenendo in contemporanea due eventi apparentemente antitetici ma che in realtà rappresentano il risvolto della stessa medaglia: il Black Friday e i Firdays for future.
Il Black Friday lo conosciamo ormai da qualche anno, è un’iniziativa nata negli Stati Uniti e adottata prima dalle multinazionali e poi dalla stragrande maggioranza dei commercianti per offrire ai propri clienti sconti sui prodotti al di fuori dei tradizionali periodi di saldi. Il Black Friday è l’emblema del consumismo, file di persone fuori dai negozi per acquistare prodotti di cui in molti casi non hanno nemmeno la necessità. Dall’altro lato ci sono i Fridays for future, gli scioperi globali a favore dell’ambiente e contro i cambiamenti climatici la cui icona è la giovane attivista svedese Greta Thunberg.
La scelta di scendere in piazza oggi non è casuale, la data è stata decisa in concomitanza con il Black Friday con la volontà di rappresentare un modello alternativo a quello consumista. Se da un punto di vista superficiale i due fenomeni sono agli antipodi, in realtà hanno una comune visione della società globalista, contraria alle identità nazionali e dei popoli. Da un lato il consumatore come uomo massa, dall’altro l’ambientalismo ideologizzato in cui il singolo individuo è annullato in una visione egualitaria della società. Non a caso sia il Black Friday che i Fridays for future sono l’antitesi di una società basata sulle piccole comunità, sui corpi intermedi, basti pensare che rappresentano un pericolo per i commercianti e per i piccoli e medi imprenditori (stritolati dalle nuove tasse etiche e da una visione del mercato che non tiene conto delle esigenze umane).