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Non confondiamo i sovranisti con pazzi terroristi

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Continuiamo con la speciale zuppa di Porro straniera. Grazie ad un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.

Con un editoriale della direzione, il Financial Times del 15 marzo commenta la strage avvenuta in due moschee in Nuova Zelanda sostenendo che per troppo tempo si è accettato l’estendersi di una retorica civilmente inqualificabile da parte di nazionalisti radicalizzati diffusa grazie ai social media, a false notizie e manipolazioni, malamente motivata dall’attenzione al controterrorismo sviluppatosi per contrastare gli attentati e i fanatismi islamisti del dopo 2001.

A cominciare da Donald Trump con la sua frase, dopo le manifestazioni di Charlotteville, secondo la quale anche tra i suprematisti bianchi si trovano persone perbene, proseguendo con Viktor Orbàn che teme il logoramento dell’identità cristiana dell’Europa, per finire a un senatore australiano preoccupato dall’espandersi dell’immigrazione musulmana, sarebbero tanti i politici, poi, secondo il Il Ft, che con toni esagerati in qualche modo hanno favorito la citata “retorica” terreno di coltura per tragici episodi come quello delle moschee di Christchurch.

La tesi alla fine è che questa degenerazione sia stata possibile perché è stato dato un pulpito non solo nei “social” ma anche nei media e nella politica tradizionali a inaccettabili posizioni estremistiche.

L’allarme del quotidiano della City per molti versi non è infondato: rivoli di razzismo sono avvertibili anche in un’Italia che nelle sue origini romane ha sempre favorito la mescolanza etnica assicurando pure quella bella pigmentazione scura di tanti connazionali (tra i quali chi scrive) che ben poco ha a che fare con il mito ariano coi suoi capelli biondi e occhi azzurri. Dai buu negli stadi agli insulti nelle strade per concittadini o immigrati dalla pelle scura, la naturale consapevolezza che ci ha accompagnati in questi decenni repubblicani che certe cose non si debbano neanche pensare figurarsi se si possano esprimere pubblicamente, si è rilassata. E certamente ciò è figlio anche di una crescita della volgarità nella discussione pubblica non solo sui social ma anche nel linguaggio politico più ufficiale.

L’appello londinese alla massima vigilanza, dunque, nel contrastare l’espandersi di qualsiasi forma di odio razzista, in questo senso, deve essere condiviso e generare comportamenti conseguenti. Ciò sarà possibile anche, però, se i grandi media occidentali la smetteranno di strumentalizzare qualsiasi episodio per colpire non un razzismo che va stroncato in tutte le sue manifestazioni, ma qualsiasi pensiero che venga considerato non conformisticamente allineato a quello prevalente.

È bene richiamare il presidente degli Stati Uniti a una compostezza di espressione che sia coerente con il suo incarico, ma sostenere che Trump sia razzista è un modo per fomentare l’odio non per contenerlo. Parlare di “un’internazionale suprematista” per l’esplodere di pur gravissimi episodi di delirio criminale razzista significa alimentare la follia dei delinquenti di cui si tratta non contenerla. Non è stato un suprematista bianco bensì un fedele musulmano come Abd al-Fattah al-Sisi, in un tempio della teologia maomettana come l’università di al Alzhar a dire che se l’Islam continuerà a considerare la terra della pace quella in cui domina e quella del conflitto quella dove non è decisivo, finirà per alimentare la convinzione che queste definizioni preparino lo scontro irrazionale tra un miliardo e mezzo di musulmani e il resto del mondo (tesi peraltro apertamente sostenuta, con qualche ragione religiosa a leggere il Corano, dalle parti di Teheran).

Riflettere, poi, sulla difesa dell’identità cristiana dell’Europa non è un invito al terrorismo razzista, più di quanto una rivendicazione sindacale sia un sostegno a passare alla lotta armata brigatista. Il conflitto tra culture diverse non può essere regolato dal conformismo cosmopolitico incapace di ragionare sulle radici della propria civiltà (l’unica, peraltro, che assieme ad alimentare razzismo, colonialismo, schiavismo ha avuto anche la forza, grazie al concetto stesso di libertà della “persona”, al contrario delle altre civilizzazioni del nostro ecumene, di porre le basi per contestare fino a quasi, nonostante tanti insuccessi anche attuali, sradicare razzismo, colonialismo e schiavismo).

Come diceva Lindon B. Johnson – dileggiando Gerald R. Ford – un buon politico deve saper camminare e magari insieme masticare chewingum, così un buon giornalismo deve saper implacabilmente combattere ogni espressione di razzismo senza cedere però all’idiozia del politically correct.

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