Dopo il via libera della Camera dei deputati, senza voto di fiducia, è bene sottolinearlo, la manovra di bilancio è legge. Vale 24 miliardi di euro, che diventano 28 con l’aggiunta dei primi decreti attuativi della delega fiscale, e sarà finanziata con un extra deficit pari a 15,7 miliardi.
La misura più rilevante, pari a 10,7 miliardi di euro, è la conferma del taglio del cuneo fiscale già in vigore da luglio (6 punti in meno per i redditi fino a 35 mila euro e 7 per quelli fino a 25 mila), non applicabile tuttavia alle tredicesime e finanziata solo per il 2024. L’effetto di tale misura si combinerà inoltre con la riforma dell’Irpef, che passerà da quattro a tre aliquote, con l’accorpamento dei primi due scaglioni con un’unica aliquota al 23% per i redditi fino a 28 mila euro.
Secondo le stime del Tesoro, l’effetto congiunto del taglio del cuneo fiscale e della riforma Irpef dovrebbe far crescere le buste paghe dei dipendenti di circa 1300 euro annui. Nessun intervento, invece, è stato previsto per i redditi da 50 mila euro in su, rientranti nel terzo scaglione della nuova Irpef. Altro che manovra pro ricchi come proclamato dalle opposizioni.
Gli sforzi economici del governo Meloni si sono infatti concentrati esclusivamente verso le fasce più deboli, che beneficeranno in toto dei vantaggi fiscali introdotti dalla legge di bilancio. Sarebbe pertanto più opportuno parlare di manovra pro ceti deboli, vista l’attenzione che l’esecutivo ha saputo regalare alle fasce reddituali più basse.
Coraggiosamente, potremmo aggiungere. Perché le misure varate dal centrodestra di governo tendono paradossalmente ad agevolare quelle fasce di elettorato tendenzialmente orientate a sinistra, senza peraltro riconoscere alcun beneficio economico a quel ceto medio elettoralmente proiettato a destra.
Proprio questo potrebbe rivelarsi un passaggio cruciale anche in chiave elettorale. Le mosse fiscali di Giorgia Meloni, infatti, oltre a una finalità squisitamente economica, potrebbero rispondere a una strategia politica ben precisa: allargare la base elettorale dei partiti di governo (con vista elezioni europee) estendendola ai delusi di centrosinistra, da ‘conquistare’ attraverso politiche fiscali benevole tese a far recuperare potere d’acquisto ai ceti deboli.
Un’operazione decisa, senz’altro coraggiosa, che potrebbe portare nuovi elettori al centrodestra (Fdi in testa), con potenziali effetti collaterali: la dispersione di consensi all’interno di un ceto medio disilluso a causa delle scelte dell’esecutivo. Un rischio non del tutto irrilevante, che Giorgia Meloni non può e non deve sottovalutare. Per cui, va bene mettere dei soldi nelle tasche dei ceti bassi per contrastare l’erosione del potere d’acquisto determinata dalla spinta inflattiva, va bene anche cercare di fare breccia nell’elettorato di centrosinistra nel tentativo di attrarre nuovi consensi, ma attenzione a non lasciare troppo indietro il ceto medio, già dimenticato da questa legge di bilancio.
Salvatore Di Bartolo, 31 dicembre 2023
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