Politica

“Non è femminista”. Embè? Perché Meloni è meglio di Schlein

L’autrice del libri femminista: se mi cita Elly ok, Giorgia invece no. Ma Meloni deve infischiarsene

schlein meloni

C’è una donna, femminista, docenta, con la faccia antipatica delle femministae, che da Greensboro, che non è una pratica eroticoecologista ma una ridente località del North Carolina, scioglie il suo rosario femministicamente corretto a Repubblica, what else? L’intervista non è granché, il solito concentrato di banalità da professoressa militanta, e se volete ve la andate a cercare perché sono già tempi abbastanza deprimenti; la concentriamo come segue: io sono Lisa, sono una donna, sono compagna, ho scritto un libro che copiano tuttae, però se mi cita una mi compiaccio se mi evoca quell’altra mi girano le gonadi.

Trattasi della frase, in sé infelice, un po’ da fumetto sborone, “Non ci hanno visto arrivare”, che intitola il pensoso tomo, ripresa, ahilei, da donna Giorgia e anche da donna Elly, se non si offende. Eh, no: Schlein va bene “perché parla a tutte le donne del mondo”, lei è una summa del pasionariato contemporaneo da Dolores Ibarruri, ad Angela Davis a Nilde Jotti a Tina Modotti a Frida Kahlo, quindi è ok; Meloni invece parla solo per sé, non ha capito niente e non ci voglio avere a che fare. Ora, due son le cose: o donna Meloni l’ha buttata là in modo autarchico, e quindi è scusata e potrebbe cavarsela con un bel “e mò questa kikazè?”; oppure ci si è davvero ispirata, ma pare un po’ difficile, e allora sua culpa.

Per approfondire

Per via che dalle femministe americane non si cava niente di buono, figurarsi poi un’esaltata capace di erogare le solite fregnacce: “[le battaglie delle donne sono] quelle per la giustizia riproduttiva e l’accesso all’aborto, la giustizia economica e razziale, i diritti dei disabili, la protezione dalla violenza domestica e i diritti LGBTQ. Come negli anni ’90, alcune femministe si organizzano sotto la bandiera del femminismo, mentre altre infondono i principi femministi in altri movimenti sociali, dai diritti degli immigrati alla giustizia ambientale, dalla riforma della giustizia penale a Black Lives Matter. Si tratta di un movimento altamente interconnesso, che sta tracciando connessioni tra questa vasta gamma di questioni a livello locale, nazionale e globale”.

Ssseh, farebbe Raimondo Vianello. La giustizia riproduttiva. Lei, del resto, si celebra così: “Sono stata cresciuta da una madre femminista e per la prima volta ho aderito al movimento come studentessa universitaria negli anni ’90. Alla scuola di specializzazione ho studiato storia delle donne e politica femminista e ho imparato quanto possa essere potente insegnare ai giovani le radici storiche delle lotte contemporanee. Oggi dirigo il programma di studi sulle donne, il genere e la sessualità presso l’Università del North Carolina, a Greensboro, un’Università pubblica che conta un gran numero di donne, LGBTQ, minoranze razziali e studenti universitari di prima generazione”.

Ssseh. Cazzate monumentali, in altre parole schleinismo verace, là al ketchup, qua all’emmenthal o ai tortellini, a seconda di dove la porta lo zainetto, griffato, comunque lo stesso armamentario fornito dall’agenzia Social Changes, quella di Obama, che ad Elly ha cucito addosso il look, l’inconsistenza sardinista e l’enfasi strategica per il genderismo: Elly cosa ne pensi della situazione mediorientale? Ah, io sto con una donna. E della crisi delle democrazie? Eh, io sto con una donna. E della scomparsa della classe operaia, del deficit di rappresentanza della sinistra, del capolinea dello stato sociale, del materialismo tecnologico, dell’intelligenza artificiale che metterà ancor più fuori gioco le fasce deboli, della scomparsa del sacro, della società del controllo? Oh, io sto con una donna.

Questa fuga nella f…, questo approccio onirico alla “vasta famma di questioni a livello locale, nazionale e globale” piace alle Elly e alle Lisa di tutto il mondo, unitevi perché consente di puntellare il loro potere sul neopopulismo woke che si fonda sulla rimozione, ne palesa i limiti culturali e analitici. Ciò che a una donna salita dalla destra sociale non è concesso (e per fortuna). Quanto a dire che la parità o meglio l’identità assoluta non si dà (neppure) in politica, nemmeno all’interno di uno stesso genere, anche se quelle come miss “giustizia riproduttiva e ambientale” cascano nella solita contraddizione: rifiutano i generi canonici e insieme ribadiscono il femminile, per questioni di potere.

Per approfondire

Insomma vale tutto, come dice Nicola Porro. Al di là delle fumisterie retoriche, l’operazione Lisa – Repubblica, uscita l’8 di marzo, non intende celebrare né le donne, né il femminismo, e men che meno la vasta gamma di questioni a livello globale. La ragione è molto più di grana grossa, molto più terra terra: data per scontata la denigrazione strisciante della donna di destra, si punta d’altro canto a mettere sul suo stesso piano quella di sinistra. Da una parte Schlein, dall’altra Meloni: io ti spiezzo in due.

Ma neanche per sogno. È una trappola e per di più patetica. Da una parte, fino a prova contraria, c’è una che guida un governo e gira come una trottola per il mondo a tessere, a ricucire, ad allacciare, dall’altra c’è una a capo di un partito uscito dall’ultima batosta col 15%, un partito di anticaglie, cigolante, rugginoso, manicomiale. A un certo punto si sono resi conto che il partito negativo, di cui si capiva solo cosa non era, cosa non voleva, stava evaporando ed hanno preso una sardina nell’intento di coagulare tutte le esagerazioni a sinistra. Perché si son resi conto che le filiali, da Potere al Popolo uscito dalla sovversione, dai centri sociali napoletani, a LeU morta sulle ceneri di Rifondazione, a Sinistra greenblack Soumahoro, non contavano un cazzo, disperdevano e basta. Siccome sono comunisti, per rilanciare la lotta di classe, l’Intifada palestinese, l’odio occidentale e atlantista hanno escogitato una redditiera, di origini ebree, con passaporto americano: uno spettacolo!

Elly non ha vinto niente se non una tornata di primarie aperte agli spretati, a quelli senza tessera ma che continuavano a rompere i coglioni con la vera sinistra, ci vuole la vera sinistra, che, a quanto par di capire, sarebbe la solita pro Cospito, innamorata delle foibe, Tito, Stalin e ammazzare un fascista non è reato. C’è altro? No, non c’è. Vero è che un segretario del principale partito di sinistra poteva condizionare la politica reale, del potere sostanziale, ma questo succedeva quando il Pci aveva il 34% e le masse popolari dietro. Cinquant’anni fa. Questa, dietro per ora ha Franceschini, il professor Prodi, le sardine e un coagulo di poteri forti di matrice globalista americana.

Quindi non facciamola tanto lunga: se e quando Schlein arriverà a vincere le elezioni politiche come Giorgia, a prendersi il premierato, a guidare una coalizione, a dire la sua sulla scena internazionale, insomma se e quando la sardina diventerà una balena, allora ne riparleremo; per il momento piacerà a Lisa la insegnanta, anvedi che santa, vestita d’amianta, alle genderizzate, agli hipster, ad Ariete, Madame e Rosa Chemical, a una parte del mandarinato del Nazareno, ma finisce lì. Non conta, non rappresenta, non esiste sulla scena internazionale, deve studiare, imparare, curare un po’ la cultura. Se ne facciano tutti una ragione. Sostiene Lisa che, non avendola vista arrivare, Schlein è “una pietra miliare” del femminismo mondiale. Dalla pietra miliare alla pietra tombale (della sinistra) il passo è breve.

Max Del Papa, 9 marzo 2023