Esteri

“Non è più raggiungibile”. Com’è nato l’attacco a Nasrallah e cosa cambia dopo la sua (presunta) morte

Pioggia di missili israeliani nel Libano meridionale e nel cuore del Paese. Netanyahu: “Avanti finché tutti i nostri obiettivi non saranno raggiunti”

Nasrallah discorso

Dopo Ismail Haniyeh a Teheran, nel mirino di Israele è finito Hassan Nasrallah a Beirut. Le forze israeliane hanno pianificato l’attacco in Libano con obiettivo il leader del movimento sciita libanese Hezbollah già nella giornata di mercoledì, prima del viaggio di Benjamin Netanyahu a New York. Non un blitz improvviso, ma un assalto ragionato, come del resto gli altri condotti nel Paese, tra cercapersone e walkie talkie esplosivi. Non è ancora chiara la fine di “Abu Hadi”, come è chiamato dai suoi: Hezbollah rassicura i seguaci, anche se alcune fonti dei miliziani lo definiscono “irraggiungibile” in questa ore, mentre le forze israeliane hanno confermato il suo decesso.

Secondo quanto rivelato da Axios, i funzionari hanno affermato che è stato deciso di attendere un’opportunità operativa che è arrivata ieri: la motivazione dietro l’attacco era che Nasrallah si era rifiutato di separare Hezbollah da Hamas a Gaza e di fermare i combattimenti sul confine settentrionale. Pertanto, si legge ancora, la decisione è stata quella di “toglierlo dal quadro decisionale“. Privo di qualsivoglia ruolo ufficiale in Libano, Nasrallah era (o forse è) uno dei politici più in vista del Paese: sua l’ultima parola sulla guerra o sulla pace, guida potenti istituzioni e soprattutto la milizia pesantemente armata. Da sempre Israele è un nemico e le sue apparizioni pubbliche sono diminuite notevolmente dopo la guerra che ha contrapposto il suo movimento all’esercito israeliano nell’estate del 2006.

Secondo quanto riferito dall’ufficio del premier israeliano, Netanyahu ha approvato l’attacco a Beirut al telefono dal suo hotel di New York. E ha successivamente deciso di anticipare il rientro in Israele. Opaca, invece, la versione sulle informazioni fornite agli Usa. Una fonte israeliana ha reso noto che la Casa Bianca sarebbe stata avvisata del raid pochi minuti prima che avvenisse. Secondo il Pentagono, invece, non ci sarebbe stato alcun preavviso: il segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin avrebbe parlato con il suo omologo israeliano Yoav Gallant mentre l’operazione era già in corso.

Secondo quanto riferito una fonte della sicurezza libanese, citata dall’emittente panaraba “Sky News Arabia”, i contatti con Nasrallah sono stati completamente interrotti. La sua morte rappresenterebbe un duro colpo per Hezbollah e in generale per l’asse anti-Israele. Dall’inizio della guerra a Gaza tra lo Stato ebraico e Hamas, il 63enne aveva aperto il fronte meridionale libanese per sostenere il suo alleato palestinese, cercando però di evitare una guerra su larga scala con Israele. Tentativo vano, considerando la pioggia di missili degli ultimi giorni. Ma non è tutto. Secondo quanto annotato dalle forze sul campo – riporta Channel 12 – anche Zainab Nasrallah, figlia del segretario generale di Hezbollah, sarebbe stata uccisa nell’attacco israeliano a Beirut

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Secondo qualificate fonti della sicurezza che stanno seguendo l’evolversi della situazione in Libano, le vittime potrebbero essere centinaia, ma sono attese conferme nel corso delle prossime ore. I caccia israeliani hanno colpito diversi obiettivi di Hezbollah nel Libano meridionale e nel cuore del Paese: tra questi lanciarazzi puntati verso Israele ed edifici utilizzati come depositi di armi. La reazione del gruppo terroristico non s’è fatta attendere: diversi razzi lanciati dal Libano e schegge hanno colpito la città settentrionale israeliana di Safad, causando gravi danni. Una donna di 68 anni è stata leggermente ferita e portata all’ospedale Ziv della città, riporta The Times of Israel.

Michael Sfaradi ci fa sapere che dopo l’attacco, che secondo l’IDF era mirato, sul posto si sono viste grandi esplosioni secondarie, prova che erano state conservate armi in loco. Poco prima, una fonte vicina a Hezbollah ha detto all’agenzia di stampa Reuters di aver provato a contattare il segretario generale dell’organizzazione, Hassan Nasrallah, senza successo. Si sono persi anche i contatti con gli altri alti funzionari che apparentemente erano con lui al quartier generale, tra cui Ali Karchi, che ha sostituito Hassan Mahdawi, eliminato a Damasco. All’1 di notte, nell’attacco si stimavano più di 90 feriti e circa sei morti. L’operazione, avvenuta alle 18:20 contro il quartier generale clandestino, è definita dall’IDF come “molto importante, che può cambiare alcune cose in Medio Oriente. Tuttavia, l’IDF sta ancora esaminando i risultati dell’attacco”.

Intanto l’esercito israeliano ha iniziato questa notte (tra venerdì e sabato) un’ondata di attacchi contro le armi di Hezbollah depositate sotto edifici civili nel quartiere di al-Lilchi a Beirut. Daniel Hagari ha annunciato che “nelle prossime ore attaccheremo le capacità strategiche che Hezbollah ha piazzato nel cuore della minaccia di Beirut – un sistema missilistico costiero costruito con finanziamenti iraniani”. L’esercito israeliano ha reso noto di aver “eliminato il comandante dell’unità missilistica di Hezbollah nel sud del Libano”, il “terrorista Muhammad Ali Ismail”, oltre ad “altri comandanti e operatori di Hezbollah”.

Israele “combatterà fino a raggiungere la vittoria, una vittoria totale”, il messaggio di Netanyahu dagli Stati Uniti: “Israele sconfiggerà anche Hezbollah in Libano”. Ma attenzione alla reazione di Teheran, altro fronte particolarmente delicato. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Naser Kanani ha definito l’offensiva israeliana un crimine di guerra: “Questo barbaro attacco è stato effettuato con le bombe donate dal regime statunitense e quindi gli Stati Uniti sono complici e dovrebbero essere chiamati a rispondere”. Il bombardamento di Beirut, ha aggiunto, un “attacco alla sovranità, all’integrità territoriale e alla sicurezza nazionale del Libano”. Da Washington è arrivata la presa di posizione del Segretario di Stato Antony Blinken, la Casa Bianca crede ancora che sia possibile una soluzione diplomatica in Medio Oriente: “La strada verso la diplomazia può sembrare difficile da vedere in questo momento, ma è lì e, a nostro giudizio, è necessaria. Continueremo a lavorare intensamente”.

Franco Lodige, 27 settembre 2024

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