Cronaca

“Non morirò coi soldi in banca”. E l’imprenditore alza lo stipendio a chi fa figli

Vinicio Bulla © caneray tramite Canva.com

Finalmente ho la possibilità di raccontarvi una bellissima iniziativa nata dal settore imprenditoriale, utile come esempio per riflettere sulla possibilità di aprire un “cantiere di lavoro” destinato all’edificazione di una nuova società più giusta. In diversi articoli ho suggerito sia sul piano politico che dell’iniziativa privata, l’attivazione di un nuovo paradigma economico basato sulla condivisione, la solidarietà e la generosità come modello in grado di generare per naturale effetto di reazione a catena, benessere e ricchezza diffusa.

Bonus bebè ai dipendenti

Parlando ai microfoni del Tgr Veneto, l’imprenditore Vinicio Bulla, titolare di un’azienda diventata leader mondiale nella produzione di tubi in acciaio inox e leghe speciali di grandi dimensioni destinati soprattutto a piattaforme petrolifere, dice: “Non voglio morire coi soldi in banca”. Da questa premessa nasce la sua idea di destinare un bonus bebè ai propri dipendenti. Ai lavoratori che faranno un figlio, Bulla regalerà un assegno, il cui importo varierà dai 250 ai 550 euro netti al mese per sette anni, e che servirà per pagare le scuole dei ragazzi dal nido fino alla prima elementare.

In particolare prevede fino a 550 euro netti al mese (6.600 euro massimo all’anno) per coprire le spese dell’asilo nido (comprese iscrizione e mensa) e 250 euro al mese (3mila massimo annui) per la retta della scuola materna. Inoltre verrà elargita anche una tantum la somma di 2mila euro per il secondo figlio, che salirà a 3mila per i successivi. Il progetto è partito il primo settembre 2018 e andrà avanti fino al 31 agosto 2025, messo a punto con la collaborazione di Confindustria Vicenza. I rimborsi in totale potrebbero arrivare a 200mila euro annui, ma l’imprenditore non solo non mostra preoccupazione a riguardo, anzi spera che si vada anche oltre questa previsione.

Proteggere l’industria made in Italy

Bulla è molto contento di essere riuscito ad evitare che i suoi dipendenti andassero in cassa integrazione, anche nei periodi di calo delle commesse. Il suo obiettivo è che la sua azienda sia cento per cento italiana, infatti ha già rifiutato offerte da parte di fondi esteri. Anche se nella sua azienda ora ci sono i suoi tre figli, lui continua a mostrare in ogni modo la sua riconoscenza verso i suoi dipendenti, che gli hanno permesso di raggiungere questi risultati. Con grande coraggio, l’imprenditore italiano ha difeso la sua azienda ed aiutato i suoi dipendenti, trattati come persone di famiglia.

Dunque credo sia utile soffermarsi sul senso etimologico della parola coraggio per capire il ruolo fondamentale della forza d’animo nell’affrontare le avversità della vita e per sviluppare quella capacità di costruire relazioni sane. Il termine coraggio deriva dal latino coratĭcum o anche cor habeo, aggettivo derivante dalla parola composta cŏr, cŏrdis ’cuore’ e dal verbo habere ’avere’, cioè: “avere cuore”. La chiave per cambiare in meglio la nostra società dunque è quella di metterci il cuore e di promuovere il rispetto reciproco e l’amore verso il prossimo.

L’imprenditore risulta gioioso per l’iniziativa messa in essere in favore dei suoi dipendenti ed ha dichiarato: “Ora mi salutano ancora più contenti“. Questa storia dimostra con chiarezza il beneficio prodotto in senso pratico dalla forza della solidarietà. Ogni gesto d’amore genera felicità condivisa.

Carlo Toto, 17 dicembre 2024

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