La vicenda di Elisabetta Belloni è stupenda. Parliamo di una signora che da un giorno all’altro si è trasformata in una sorta di gigante della Repubblica. Nominata da Draghi e confermata dalla Meloni, è diventata un mito e sapete perché? Solo perché si è dimessa.
Il motivo per il quale avrebbe fatto le valigie con cinque mesi di anticipo rispetto alla scadenza, dice il Corriere della Sera, è che sarebbe stata tenuta fuori dal caso di Cecilia Sala, vicenda gestita dal Dipartimento dei Servizi Segreti esteri e non dal DIS, che è il coordinamento dei servizi segreti. Inoltre, secondo altri quotidiani, avrebbe sviluppato pessimi rapporti sia con Antonio Tajani sia con Alfredo Mantovano, l’autorità delegata ai servizi segreti. Qualcosa non torna sulle date nelle due ricostruzioni giornalistiche, ma non è questo il punto.
Carlo Bonini su Repubblica fa dire alla Belloni che si sarebbe dimessa perché “Non ne potevo più”. Siamo seri? Di cosa stiamo parlando? Non ne poteva più delle liti con Mantovano e con Tajani anche se godeva della fiducia della Presidente del Consiglio? Suvvia… Voi pensate che l’ex capo del Mossad si dimette perché “non ne potevo più”? E il capo della Cia lascia tutto perché “non ne potevo più”? E il boss dell’MI6? Ma dai! Una roba del genere può affermarla una cantante che frigna perché non è stata presa a Sanremo o perché è stata troppo dietro le quinte. Io non posso credere che la Belloni abbia detto “non ne potevo più”, perché se veramente il capo dei nostri servizi segreti ha pronunciato quella frase… beh, allora forse siamo tutti felici che non sia più al suo posto. Ben altre saranno le pressioni, immagino, che gravano sulle spalle del numero uno degli 007. No?
Ah. Bonini, sempre su Repubblica, ci fa sapere che che Belloni sarebbe una riserva della Repubblica colta, rigorosa e con formidabili relazioni istituzionali e personali. E sti cavoli: cammina anche sull’acqua?