Giustizia

Non può essere un giudice a cancellare “mamma” e “papà”

“Sì a genitore 1 e genitore 2”: così la Corte d’appello di Roma si è schierata con le famiglie gay, uno schiaffo al buonsenso

© Nejron, inkdrop e Monkey Business Images tramite Canva.com

Oggi è arrivato l’ennesimo assist delle toghe alla comunità Lgbt, l’ennesima decisione che vuole stravolgere la società in nome delle pretese di una minoranza. I fatti sono tristemente noti: oggi la Corte d’appello di Roma ha dato ragione alle famiglie arcobaleno sulla dicitura da utilizzare sulle carte d’identità, ossia “genitore 1” e “genitore 2” e non “mamma” o “papà”. I giudici sono entrati in tackle sul decreto di Matteo Salvini risalente al 2019 , accogliendo il ricorso di una coppia di mamme e decretando di fatto la cancellazione per legge delle parole “mamma” a “papà”.

“Questo non è progresso” ha tuonato Salvini ed è difficile dargli torto. La sentenza di oggi rappresenta l’archiviazione del buonsenso in nome di una ideologia pericolosa, che potrebbe fare strada ad altre storture preoccupanti. Il discorso è piuttosto semplice: per dare priorità alle coppie omosessuali – sicuramente non la maggioranza della società – viene stabilito di abolire “mamma” e “papà”, sostituiti con le controfigure fluide. Una colossale follia. Una criticità che riguarda qualche centinaio di coppie dello stesso sesso, penalizzate milioni di persone. Tutto con una semplice sentenza di un giudice capitolino.

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Le pretese della piccola ma potente lobby arcobaleno trovano sempre più spazio, è lapalissiano. Anche perché il rischio di passare per omofobo è sempre dietro l’angolo, anche quando l’omofobia non c’entra ma si tratta semplicemente di senno. Un esempio su tutti, l’esultanza tracotante di Riccardo Magi di +Europa: “Avevamo ragione noi, insieme a tutte le Associazioni che tutelano i diritti delle famiglie arcobaleno: la dicitura Genitore 1 e Genitore 2 sui documenti dei minori è legittima e corretta. A confermarlo è la Corte d’Appello di Roma, che ha ribadito che nei documenti d’identità delle bambine e dei bambini non possono essere indicati dati personali diversi da quelli che risultano nei registri dello stato civile. In sostanza è stato bocciato il decreto omofobo e discriminatorio di Salvini del 2019, con cui la Lega ha tentato di annullare e nascondere per via legislativa la pluralità dei tanti tipi di famiglia che per fortuna esistono nella società e che vanno tutelati, che piaccia o meno a Salvini”.  Sì, secondo Magi sei omofobo a volere “mamma” e “papà”. Roba da matti.

Sfortunatamente, oggi la comunità Lgbt può festeggiare, anche se la deriva non può non inquietare. E non parliamo solo del confronto tra tradizione e ideologia, tra realtà e minoranza. Qui si tratta di un’impostazione che tenderà sempre di più a condannare la famiglia tradizionale, in nome di una furia iper-progressista fuori da ogni logica.

Che fastidio può dare la parola “mamma”? E la parola “papà”, invece? Perché dobbiamo accettare senza proferire parola “genitore 1” e “genitore 2”, con quei numerini che sembra di essere in fila dal macellario? E chi decide chi è il “genitore 1” e chi il “genitore 2”? Perché qualche altra minoranza avrà da ridire su questa formula obbrobriosa. Attenzione ai prossimi passi di questo trend artificiale, a rischio v’è anche il quarto comandamento: manifestazioni e ricorsi al Tar per sostituire “onora il padre e la madre” con “onora il genitore 1 e il genitore 2”.

Massimo Balsamo, 15 febbraio 2024