Rassegna Stampa del Cameo

Non resta che inginocchiarci ai Talebani

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Affrontare il problema Afghanistan in termini di analisi è, almeno per me, opera velleitaria e inutile, per cui me ne guarderò bene. Trovo ridicolo sputare sentenze su un Paese che dai tempi di Alessandro Magno ha respinto qualsiasi invasore, seppur dotato di eserciti potenti e in possesso di armi via via più moderne e sofisticate.

Dopo il virus di Wuhan, e il suo pendant il vaccino, inizierà una nuova pandemia di chiacchiere? Parto da un presupposto: impossibile pretendere “cambiamenti” (nel significato più ampio del termine) sulla base di teorie non supportate da una determinazione feroce di execution. Gli afgani l’execution l’hanno nel sangue, noi europei l’abbiamo persa settant’anni fa. L’Europa ha rinunciato a essere una grande potenza, diventando un grande discount e una Ong moralizzante. Pretendiamo che gli americani facciano per conto nostro le guerre nei nostri territori di influenza e li critichiamo perché, dopo averle perse tutte, si ritirano pure da questa, lasciandoci in mutande.

La guerra la iniziò George Bush adottando la strategia neocon di “esportare la democrazia”. Barack Obama la continuò in nome del Nation Building, una colossale balla che lo stesso Joe Biden (che pure allora era il suo vice) ha smentito nel discorso dell’altro ieri, dicendo che erano lì per “difendere gli interessi americani” e che se ne andavano perché “non avevano più alcun interesse”. Impeccabile motivazione. Infatti dopo vent’anni di investimenti, la creazione di un esercito nazionale super equipaggiato di 300 mila soldati, quattro taleban in croce sono entrati in tutte le città, Kabul compresa, senza che la popolazione insorgesse. Un disastro per le leadership euro americane, con Biden paragonato al maresciallo Badoglio (sic!). Diciamocelo. Il politically correct, la cancel culture, la woke culture, questo stravagante modo di ragionare radical chic, stanno portando l’Occidente alla sconfitta in ogni campo. Non resta che inginocchiarci anche ai taleban. La prima dichiarazione dei taleban taglia ogni discussione: “Diritti garantiti alle donne purché rispettino la sharia”. Punto.

Eppure il libro Il Grande Gioco di Peter Hopkirk spiegava perché l’Afghanistan respingerà sempre e comunque qualsiasi invasore. Noi lo consideriamo un Paese-Stato ma non lo è, e non intende esserlo: è un insieme di tribù in millenarie ostilità fra di loro, con a capo i cosiddetti “signori della guerra e della droga”. Gli stessi taleban di etnia pashtun (il 36%) non si illudono di dominare le altre etnie, come i tagiki (34%), gli hazara (15%), gli uzbeki (9%). Tutti si accontentano di vivere di pastorizia e, da anni, grazie ai vizi (oppiacei) di noi occidentali, si sono arricchiti con la coltivazione del papavero. Comuni tagliagole e padroni degli oppiacei ma fermissimi sui loro valori religiosi e socio culturali.

In realtà, noi europei non abbiamo più valori, né religiosi, né culturali, quindi nulla possiamo né insegnare, né esportare. Siamo diventati dei “consumatori”, in lockdown perenne, sempre sul divano di cittadinanza e armati fino ai denti di tastiere e di app, con un cervello sempre più mignon. Dei poveretti poveracci. Un tempo c’era un detto: “Quando un Impero spende più di interessi sul debito pubblico che per gli armamenti, i suoi cittadini diventeranno servi”. È il caso dell’Occidente, America compresa. Quest’indice, negli Stati Uniti si invertì durante la presidenza Obama. Non parliamo dell’Europa. Da allora, l’Occidente marcia compatto verso il Terzo Secolo dopo Cristo (declino e fine dell’Impero Romano).

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