In merito alla vicenda dell’insegnante Ilaria Salis, la penso come Nicola Porro che, durante l’ultima puntata di Quarta Repubblica, ha chiaramente preso le distanze da coloro i quali ritengono che, tutto sommato, la militante antifascista – così viene presentata da buona parte della stampa nazionale – se la sia andata a cercare. Per quel che mi riguarda quest’ultima aveva tutto il diritto di manifestare, sebbene io sia lontano anni luce dalla sua visione del mondo, e il trattamento barbaro che sta ricevendo in Ungheria non è assolutamente accettabile in un moderno stato di diritto.
Tuttavia, detto ciò, deve essere anche consentito di esprimere una critica severa sulla sua, a mio avviso, insensata iniziativa politica, se così la voglia definire. Insensata nel senso più vero del termine, ossia un qualcosa di assolutamente controproducente e nel migliore dei casi totalmente inutile anche sul piano dei risultati che si prefiggerebbe di raggiungere, in primis quello di sconfiggere i presunti sostenitori del male assoluto ad opera degli altrettanto presunti fautori del bene comune.
In sostanza, la classica contrapposizione tra estremismi, che come è noto spesso si incontrano, che non ha mai portato a qualcosa di socialmente utile, almeno dal punto di vista di un liberale il quale ritiene fermamente, come scrisse il grande Prezzolini nel suo Manifesto dei conservatori, che l’evoluzione della società procede per gradi e non attraverso fasi rivoluzionarie che, a volte, sanciscono processi da tempo in atto nelle stesse società e a volte, come nel caso di quella bolscevica, deviano il naturale sviluppo di quest’ultime verso un approdo drammatico e lontano anni luce dei fini proclamati nelle fasi iniziali.
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Quindi, stabilito che sul piano pratico simili iniziative non possono sortire alcun effetto se non quello di testimoniare in modo fragoroso il proprio dissenso nei riguardi di un avversario politico identificato come nemico del sistema democratico, ci dovremmo conseguentemente chiedere se sia degno di una persona responsabile – a cui, ripeto, non mi permetterei mai di negare il diritto di manifestare in ogni luogo e per qualunque causa -, soprattutto se investita del ruolo di insegnante, partire dall’Italia per inscenare una protesta contro la destra ungherese, che molti definiscono neonazista, mentre celebrano la “Giornata dell’Onore”, che tutti gli anni raccoglie migliaia di persone provenienti da varie parti d’Europa.
In questo senso siamo abbastanza in linea con gli altrettanto insensati, e spesso altrettanto violenti, scontri tra agguerrite tifoserie calcistiche. Personalmente non ci vedo molte differenze sul piano della irragionevolezza che i due fenomeni esprimono chiaramente. Inoltre, viene dato un pessimo esempio ai propri allievi da chi – il condizionale è d’obbligo – dovrebbe almeno impartire qualche barlume di buon senso e di moderazione.
D’altro canto, questi sono i docenti che incoraggiano le occupazioni illegali delle scuole e delle università e che rappresentano gli eredi di quel radicalismo di estrema sinistra che ancora oggi sembra credere nel celebre slogan di Mao-Tze-Dong, con quale dette il via alla tragica rivoluzione culturale, essenzialmente finalizzata ad eliminare in modo cruento i suoi avversari politici: “Ribellarsi è giusto!”.
Ma a prescindere da qualsiasi altra considerazione, in conclusione, spero vivamente che il nostro governo di destra faccia il possibile e l’impossibile per tutelare i diritti, in questo momento brutalmente negati, della nostra sprovveduta concittadina.
Claudio Romiti, 31 gennaio 2024
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