Politica

Non sarebbe folle legalizzare la cannabis

Dalla libertà dei cittadini alle maggiori entrate per lo Stato, i perchè del sì alla liberalizzazione delle droghe leggere

© Volodymyr Kalyniuk e Serhii Yevdokymov tramite Canva.com

Su pochissime cose mi trovo d’accordo con il centrosinistra, una di queste è la proposta di legalizzazione delle droghe leggere. Premessa doverosa: non sono un fumatore, anzi direi che il fumo lo detesto proprio. Così come la totalità delle sostanze stupefacenti. Eppure, compiendo una riflessione critica e il più possibile imparziale, fatico a non condividere la posizione assunta in queste ultime ore dai leader politici dei principali partiti d’opposizione sulla cannabis. Per tutta una serie di ragioni.

Intanto, da liberale non amo particolarmente l’onnipresenza di uno Stato che regola dall’alto ogni aspetto della vita del cittadino e stabilisce tutto ciò che l’individuo può o non può fare nella sua sfera privata. Dopodiché, ci sono varie questioni di natura prettamente economica che non possono essere ignorate. La domanda di droghe leggere è in costante aumento, soprattutto tra i giovanissimi, e laddove c’è domanda di un determinato bene (qualunque esso sia), si sa, non può che esserci anche offerta. È inevitabile. Ogni mercato funziona così. Tuttavia, in presenza di limitazioni imposte da politiche proibizioniste, è altrettanto inevitabile la necessità di mercati paralleli in grado di soddisfare la domanda di quei beni non reperibili sui liberi mercati. Non solo. C’è anche un risvolto fiscale da tenere in debita considerazione. La presenza di un mercato parallelo con un tale giro d’affari non assoggettato a una regolare imposizione fiscale significa due cose: mancato gettito per le casse dello Stato, e, al contempo, business milionari gestiti in toto dalle organizzazioni criminali. Peraltro, senza garantire alcun controllo di qualità sui beni da destinare al consumo, e quindi con maggiori rischi per la salute del consumatore finale.

Infine, c’è un aspetto psicologico non trascurabile legato alla ricerca e all’utilizzo di droghe, particolarmente rilevante soprattutto nei giovani. Una larga fetta dell’universo giovanile, infatti, fa uso di sostanze stupefacenti per il mero gusto di assaporare il proibito, per rompere i rigidi schemi entro cui ci si sente rinchiusi, per assecondare l’ebbrezza della trasgressione. Orbene, proprio il venir meno del ‘fattore trasgressione’ per effetto diretto della legalizzazione, renderebbe di colpo meno appetibile lo stupefacente. Magari non nell’immediato, ove potrebbe anche registrarsi un incremento dei consumi, ma certamente nel medio-lungo periodo, come conseguenza diretta dell’effetto ‘normalità’. Per la serie: se è consentito, e tutti possono farlo liberamente, proprio come andare a bere un caffè al bar, allora non ha più senso continuare a farlo. La trasgressione ridotta a normalità perde ogni genere di attrazione nella mente dell’individuo. E ciò vale per la cannabis, e più in generale per tutto ciò che nell’immaginario collettivo incarni l’idea di trasgressività.

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Tirando le somme: più libertà al cittadino, molti più soldi nelle casse dello Stato e molti meno in quelle della criminalità organizzata, più controllo sulla qualità del bene e meno appeal agli occhi del potenziale consumatore finale. Tutti motivi per cui non sarebbe poi così folle la scelta di legalizzare.

Salvatore Di Bartolo, 27 febbraio 2024

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