Cosa ne pensate di un tridente d’attacco composto da Cristiano Ronaldo, Benzema e Firmino o di un centrocampo con Brozovic, Milinkovic-Savic, Kanté e Ruben Neves? E di Koulibaly al centro della difesa con Mendy tra i pali? Probabilmente una formazione che includesse questi nomi reciterebbe un ruolo da protagonista in qualsiasi campionato europeo con qualche lecita ambizione di togliersi delle soddisfazioni anche nelle coppe. In realtà si tratta di calciatori – il cui elenco è sicuramente da aggiornare da qui a fine mercato – che hanno lasciato i rispettivi club europei per trasferirsi nella Saudi Pro League, il massimo campionato dell’Arabia Saudita.
Tutti nella Saudi Pro League
Questa vera e propria emorragia, simbolicamente iniziata a fine 2022 con il trasferimento di CR7 all’Al-Nassr (con un ingaggio stratosferico che potrà arrivare a quasi 200 milioni di euro a stagione), ha subito una forte accelerazione nella sessione estiva del calciomercato. Ciò che colpisce è soprattutto il profilo di tali calciatori; se inizialmente infatti si poteva pensare all’Arabia Saudita come ad un approdo per top player o ottimi giocatori ormai a fine carriera, il quadro attuale è radicalmente mutato. La grande novità sta nel numero crescente di giocatori relativamente giovani, o comunque nel pieno della propria maturità calcistica, che a fronte di ingaggi “pazzeschi”, decidono di trasferirsi nel campionato saudita.
Sergej Milinkovic-Savic (classe 1995) è un esempio emblematico di questa nuova tendenza; il centrocampista è stato ceduto dalla Lazio all’Al-Hilal per 40 milioni di euro, club con il quale ha sottoscritto un triennale da 20 milioni di euro a stagione. Discorso simile per Ruben Neves (classe 1997), nuovo compagno di squadra del serbo; il portoghese è passato dal Wolverhampton (club di Premier League), all’Al-Hilal per un prezzo di 55 milioni di euro ed il suo ingaggio si attesterà sui 25 milioni di euro annui.
Vantaggi e svantaggi
In questa fase i club sauditi e soprattutto i 4 club in orbita PIF (fondo sovrano del Paese capofila anche del consorzio che guida il Newcastle), dispongono di una potenza di fuoco finanziaria pressoché illimitata e sono in grado di soddisfare senza troppi problemi le richieste avanzate da società (a livello di prezzo di cessione) e calciatori (in termini di ingaggio) in fase di trattativa.
Paradossalmente per i nostri club, nel brevissimo termine, l’interfacciarsi con le ricche società saudite rappresenta un’opportunità in quanto ciò può garantire cessioni a peso d’oro (con ingenti iniezioni di liquidità nelle casse societarie e consistenti plusvalenze in conto economico) persino in situazioni apparentemente non favorevoli. Anche in questo caso l’esempio di Milinkovic-Savic è calzante: per un calciatore in scadenza nel 2024 sarebbe stato impensabile ricevere un’offerta da 40 milioni di euro da parte di un club europeo ma l’Al-Hilal, pur di accaparrarsi il calciatore, ha chiuso l’accordo con la Lazio alle condizioni dei biancocelesti.
Se guardiamo il tutto in una prospettiva di medio/lungo termine il quadro invece potrebbe farsi preoccupante con effetti certamente non benefici per il nostro movimento calcistico. Un protrarsi nel tempo di questa politica per certi versi “predatoria” condurrebbe ad un progressivo “impoverimento” a livello tecnico dei nostri club andando ad incidere sulla competitività del nostro campionato; peraltro la Saudi Pro League diventerebbe attrattiva anche per quei giocatori di fascia media che nella nostra serie A militano in club non di vertice ma che potrebbero puntare ad ingaggi molto più elevati in Arabia Saudita trovandosi magari come compagni di squadra fuoriclasse del calibro di CR7 o Benzema.
L’obiettivo dell’Arabia Saudita
L’obiettivo di fondo dell’Arabia Saudita è quello di trasformare il proprio campionato in una delle principali leghe calcistiche mondiali, processo questo che in condizioni normali sarebbe piuttosto complesso e lungo e con un esito finale comunque incerto; la capacità di investire in modo così massiccio sul mercato strappando ai club europei alcuni dei loro migliori calciatori può accelerare in modo deciso questo percorso ambizioso aumentandone le probabilità di successo. Parallelamente l’opportunità di fregiarsi di un campionato interno prestigioso darebbe ulteriore lustro al movimento calcistico del Paese rappresentando un bel biglietto da visita nell’ottica di accaparrarsi l’organizzazione di un Campionato del Mondo nel prossimo decennio; dopo aver recentemente rinunciato a competere per il Mondiale 2030 l’Arabia Saudita potrebbe quindi rientrare in gioco da protagonista in una candidatura per i Mondiali successivi.
Solamente nei prossimi anni capiremo la reale portata di questo fenomeno e soprattutto se ci saranno cambiamenti effettivi nella geografia del calcio mondiale con uno spostamento dell’equilibrio dall’Europa in direzione Medio Oriente. Il disporre di risorse ingenti, all’apparenza quasi illimitate, rappresenta un elemento destabilizzante, in grado di modificare lo stato attuale delle cose. Tuttavia va sottolineato come tali risorse, pur potendo muovere top player verso la penisola araba non necessariamente potranno intaccare quel patrimonio di valori “intangibili” fatto di storia, passione e tradizione che da sempre contraddistingue il nostro movimento calcistico.
Personalmente credo che fra un decennio, indipendentemente da chi scenderà in campo, difficilmente rinuncerò al fascino di un derby d’Italia o di una stracittadina milanese per gustarmi il derby della capitale saudita tra Al-Nassr e Al-Hilal; e sono altrettanto convinto che, pur sperando che la squadra della mia città fra 10 anni non sia ancora in Lega Pro, preferirò comunque andare allo stadio a tifare per i miei colori anziché vedermi dal salotto di casa un qualsiasi match della Saudi Pro League.
Enrico Paci, 1 agosto 2023