I parlamentari si muovono più rapidamente dei voti degli elettori. E non sempre vanno nello stesso verso. Quasi mai nel verso giusto. L’opportunismo è un tratto che non li accomuna. Lo spettacolo che offrono i primi (i parlamentari) diventa spesso un deterrente per le scelte degli altri (gli elettori). Quello che sta accadendo nei gruppi parlamentari di Forza Italia non è un bello spettacolo, né per chi ha considerato Silvio Berlusconi un nobile impedimento all’evoluzione politica del centrodestra, né per chi ne è stato beneficato per anni.
Non si tratta solo di umano rispetto per chi, piaccia o non piaccia, ha segnato la storia politica (ed economica) del Paese negli ultimi trent’anni almeno. Si tratta anche di equilibrio politico. Il sospetto è che avesse ragione lui, Silvio Berlusconi, nell’aver considerato quasi tutti i suoi accoliti delle semplici controfigure, sostituibili, non necessarie al successo di Forza Italia. Un approccio che gli ha creato – accanto al carisma ineguagliabile – molta antipatia. L’idea di essere l’uomo solo al comando può infastidire, ma avrebbe avuto bisogno di smentite (e di alternative) più che di risentimenti.
C’è anche un deficit di creatività, se Toti e Brugnaro hanno dovuto concepire una parafrasi depotenziata di “Forza Italia”: “Coraggio Italia” è un claim un po’ da sconfitti potenziali, da irriducibili che hanno perso entusiasmo. Un approccio quasi risorgimentale, ottocentesco. Se fossimo a Milano verrebbe in mente Amatore Scesa: “Tiremm Innanz!”. Come dire: andiamo avanti, non fermiamoci (alla sconfitta, per lui era una possibile sosta a casa – per rivelare qualche nome di rivoluzionario come lui – nel cammino verso il patibolo). Andare avanti, con coraggio, è un buon proposito, non c’è che dire. Orgoglioso e patriottico. Ma nulla a che vedere con l’incontenibile urlo da stadio, che in qualche modo preconizzava l’”engagement” da social. Chi più “ingaggiato” e “coinvolto” di un tifoso di calcio?
È vero che a cambiar casacca sono ormai anche le star del pallone, invocando merito e professionismo. Ma è certo che a forza di cambiare maglia, è inevitabile che i colori sbiadiscano. Non solo nel calcio. Anche in politica.
Nell’un caso e nell’altro c’è anche un tempo per tradire, per essere ritenuti degni di rispetto, se non di stima. È pur vero che il trasformismo è un tratto – non da oggi – connaturato alla politica italiana. Il parossismo degli ultimi mesi è comunque da record, se i dati di Openpolis sono veri: più di 200 parlamentari hanno cambiato “casacca” dall’inizio della legislatura. Più o meno il 20% degli eletti hanno avuto un’illuminazione per cambiare vita o più banalmente hanno consumato un tradimento.
La riconoscenza, si sa, è il sentimento del giorno prima. Ma c’è chi la consuma ancora prima che venga il giorno dopo.
Antonio Mastrapasqua, 3 marzo 2021