Esteri

La guerra in Ucraina

“Non sono arrivati risultati”. Zelensky ammette il fallimento

Il presidente ucraino: “La controffensiva? Ora siamo in una nuova fase della guerra”. Le preoccupazioni per il futuro

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Doveva essere la controffensiva della svolta, l’attacco in grado di ribaltare gli esiti della guerra di fronte a un nemico, la Russia, sfibrato dall’eroica resistenza ucraina. Non è andata così. O almeno non come Kiev, la Nato, l’Unione Europea e soprattutto gli Stati Uniti speravano. Il fronte nel Donbass resta sostanzialmente invariato rispetto a questa primavera quando le truppe di Volodymyr Zelensky hanno provato a ribaltarne le sorti. Ormai sono sempre più numerose le fonti che iniziano a sussurrarlo. Per Jens Stoltenberg “la situazione sul campo di battaglia è difficile”. Per Joseph Borrell l’appoggio europeo, per quanto “incrollabile”, manca del “senso di urgenza”. E i rifornimenti, così come gli aerei da guerra, tardano ad arrivare: Bruxelles si era ripromessa di farli avere all’inizio del 2024 ma da Berlino in giù continuano a ripetere che rispettare le consegne sarà impossibile.

Ad ammettere le difficoltà, oggi, è lo stesso Zelensky in un impeto di sincerità che non sembra – per la prima volta – un tentativo di muovere il mondo a concedere più armamenti a Kiev. Con l’arrivo dell’inverno, afferma il presidente, la guerra è entrata “in una nuova fase”. I combattimenti saranno complicati dalla neve e la controffensiva dovrà a tutti i costi rallentare. Alle truppe di Zelensky mancano le armi, mancano le munizioni e soprattutto le forze di terra. Secondo il ministero della Difesa russo, dall’inizio dell’attacco sono morti 125mila soldati riducendo così le capacità di combattimento dell’esercito ucraino. Magari saranno numeri gonfiati, come lo saranno gli oltre 300mila militari russi che Kiev sostiene di aver ucciso, ma -dato preciso a parte- il significato profondo non cambia: le cose non vanno per il verso giusto. “Non ci stiamo ritirando, sono soddisfatto”, dice a mezza bocca Zelensky in una intervista all’Associated Press, ammettendo però che “stiamo perdendo persone” e che “non abbiamo avuto tutte le armi che volevamo”. L’Ucraina sperava in una vittoria “più rapida” e invece non ha ottenuto “i risultati desiderati”. E questo è “un dato di fatto”.

Ufficialmente il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, all’ultimo vertice Nato ha ribadito che nessuno intende “mollare” e che l’obiettivo resta “riconquistare i territori fino ai confini del 1991”. Ma si profila un conflitto lungo anni, un periodo in cui la Nato dovrà fare i conti con una Russia già entrata in una vera e propria economia di guerra. Nulla che l’Occidente non possa affrontare, per carità, però basta saperlo. “È improbabile che gli ucraini possano cacciare i russi da tutti i territori occupati già nel 2024″, spiegava nei giorni scorsi all’Ansa un alto funzionario della Nato che ha accesso ai report dell’intelligence. L’obiettivo è già stato spostato al 2025, con Mosca che ora sente di avere il coltello dalla parte del manico: “Non vediamo alcuna ragione per rivedere i nostri piani”, va dicendo Sergej Lavrov nei suoi incontri di questi giorni. In fondo le trattative di pace ora sarebbero politicamente impossibili per Kiev, visto che non avrebbe nulla da rivendicare e da mettere sul tavolo.

Non è questo l’unico problema. Il presidente ucraino deve fare i conti con tre novità sul piano politico. La prima è una questione interna: sono ormai noti i dissapori tra l’ala militare, vicina al generale Valery Zaluzhny, e il cerchio magico di Zelensky. C’è poi il caso degli avvelenamenti che hanno lambito la più alta carica dei servizi segreti ucraini: il fatto che nemici interni o esterni siano riusciti a raggiungere la moglie del comandante del Gur, Kyrylo Budanov, lascia intendere tutte le difficoltà militari che Kiev sta affrontando. Infine, il conflitto tra Israele e Hamas. Gli Usa e l’Europa assicurano che -nonostante la guerra a Gaza- il sostegno internazionale non verrà meno. Ma Zelensky sa bene che già ora iniziano a vedersi “le conseguenze del cambiamento di orientamento della comunità internazionale a causa della tragedia in Medio Oriente”. “Solo i ciechi non se ne accorgono”, lamenta il presidente, convinto che “l’attenzione equivale ad aiuto: mancanza di attenzione significherà mancanza di aiuto”. Senza contare che tra non molto si vota negli Stati Uniti e il sentimento verso Kiev potrebbe mutare. Radicalmente.

Giuseppe De Lorenzo, 1 dicembre 2023