Esteri

Allarme gas russo

Nord Stream, dopo le elezioni ci piomba in casa la guerra

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La Meloni ha stracciato tutti, Letta si è dimesso, Salvini accusa il colpo e si mostra passivo, Conte si gode il rimontone, Renzi dal Giappone praticamente non si pronuncia, Calenda piagnucola e Di Maio torna allo stadio. Nuovo governo è fatto, i cittadini hanno votato ed espresso la loro preferenza in modo inequivocabile. E mentre i giornali italiani continuano a cercare il pelo nell’uovo nelle urne ormai concluse qualcuno si è accorto dell’esplosione dei gasdotti Nord Stream, anche se la notizia non approfondita si limita a trafiletti concentrati sul trovare un colpevole dell’attacco. “Sabotaggio russo”, “Fughe di gas dal gasdotto nordstream” e così via con il ritornello Putin contro Zelensky che si anima a suon di “è colpa loro”.

A prescindere dalla colpa e dalla mano di chi ha fatto esplodere il gasdotto, su cui tanto ci sarebbe da dire, la questione che passa silenziosamente in secondo – ma anche in terzo, in quarto e in quinto – piano è la gravità del fatto e le conseguenze che esso comporta. Dovremmo quindi prendere atto del gesto, gravissimo, effettuato e provare ad analizzare la situazione da un punto di vista meno personalistico e più globale.

I gasdotti Nord Stream 1 e 2 sono, anzi erano, le fonti di export di gas della Russia per l’Europa. Sebbene il primo fosse chiuso da qualche tempo e il secondo mai inaugurato a causa delle tensioni tra il Cremlino e l’Ucraina la potenzialità dei due impianti era in grado in un anno di fornire gas a 26 milioni di famiglie europee. Non solo: nel clima bellico in cui ci troviamo “la chiusura dei rubinetti del gas” era l’unica arma rimasta a Putin per minacciare l’Europa e tenerla sotto scacco, come abbiamo visto negli ultimi mesi. Oggi quei gasdotti sono distrutti in modo irreparabile, ciò significa che prima di un anno, a cose normali, non potranno riprendere l’attività. Se poi consideriamo la lentezza dei procedimenti e il fatto che nessuna azienda europea, a causa della guerra e delle sanzioni, si prenderà carico delle operazioni di riparazione i tempi si allungano notevolmente.

Alla luce di ciò i dispettucci tra i due litiganti, e i vari alleati, stanno a zero: abbiamo tutti perso. La Russia in primis che, a causa dell’interruzione della produzione di gas, perderà forza contrattuale e non potrà più ”ricattare” e vendere, in caso, il prodotto all’Europa. E noi? Noi staremo inevitabilmente al freddo almeno per tutto il prossimo anno. Ciò che dovremmo chiederci, ma soprattutto che i nostri leader europei dovrebbero approfondire è se siamo davvero pronti a tutto ciò. Perché le fughe di gas del Nord Stream, inutile fare orecchie da mercante, non sono una coincidenza ma un chiaro atto di guerra in un contesto in cui, giorno dopo giorno c’è chi continua a gettare benzina su un fuoco già acceso e che, in questo modo, si avvia ad essere sempre più irreparabile.

Inutile quindi cercare di dare la colpa a qualcuno, o meglio superfluo in questo momento in quanto, mentre noi insieme all’Occidente continuiamo ad armare l’Ucraina, la Russia il gas non ce l’ha più. Cosa resta? Restano le armi atomiche e quelle di distruzione di massa. Fanno paura, certo, ma dobbiamo farci i conti perché mettere la testa sotto la sabbia e arrivare ad alzarla quando è troppo tardi può portare alla sola conseguenza di vederci volare missili sopra la testa.
Sabotaggio russo o sabotaggio ucraino? Ognuno penserà ciò che crede, o che gli fanno credere, ma i protagonisti – purtroppo o per fortuna – sono i leader europei che, invece di giocare a Cluedo e trovare il colpevole, hanno il dovere nei confronti dei popoli di sedersi a un tavolo, prendere atto che da ora in poi tutto è possibile e interrogarsi se siamo davvero pronti a ciò che ci aspetta.

Vogliamo un’escalation totale, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare? Questo dovrebbe chiedersi l’Europa anche se, a quanto pare e stando alle reazioni, sembra abbia già una risposta. Quella risposta che, sei ai piani alti risulta la soluzione, tra i cittadini rappresenta la più grande paura immaginabile.

Bianca Leonardi, 28 settembre 2022