Esteri

Nord Stream, le bugie di Kiev. Rampini: “Non possiamo tacere i suoi crimini”

Il giornalista del Corriere della Sera e le autocritiche di chi ha puntato il dito contro Mosca. L’attacco al gasdotto poteva scatenare la reazione della Nato

Ne abbiamo già parlato diffusamente, anche se forse la notizia non ha occupato a dovere le prime pagine dei siti online italiani. Il gasdotto Nord Stream, quello per cui tutti, o quasi, all’inizio avevano accusato la Russia di auto-sabotaggio, in realtà è stato distrutto dagli Ucraini. Lo sostenevano alcune inchieste del New York Times e del Washington Post, ora lo conferma – salvo sorprese – il mandato di arresto spiccato dalla procura tedesca contro un cittadino ucraino residente in Polonia.

L’operazione, messa in atto nel settembre del 2022 e nata, pare, dopo una serata alcolica, sarebbe stata comunicata ai vertici militari e civili di Kiev. Che se non l’hanno approvata ufficialmente, di sicuro non avrebbero fatto nulla per fermarla. Anche Volodymyr Zelensky sarebbe stato al corrente del piano, lo avrebbe approvato, salvo poi togliere l’assenso una volta che la Cia era venuta a conoscenza dell’idea. “Tutto è nato da una notte di forti sbronze e dalla ferrea determinazione di una manciata di persone che hanno avuto il coraggio di rischiare la vita per il loro Paese”, avrebbe detto un militare ucraino al WSJ. Il resto sarebbe venuto di conseguenza: l’acquisto delle tre cariche esplosive, il noleggio di uno yacht, i viaggi, l’addestramento subacqueo, la crociera, il reclutamento di un mix di volontari civili ed ex militari. Tutto sotto la guida del comandante Valeriy Zaluzhniy.

L’esplosione del gasdotto riuscì a mettere in difficoltà gli approvvigionamenti europei di gas, in quei mesi già in forte difficoltà a causa degli aumenti dei prezzi e dell’imminente “differenziazione” per staccare il Vecchio Continente dagli idrocarburi di Putin. Tecnicamente, un’operazione del genere secondo il diritto internazionale poteva essere considerato un atto di guerra contro il Paese che detiene l’infrastruttura. In questo caso la Germania. La quale, peraltro, ancora oggi paga a caro prezzo il costo del blocco delle importazioni di gas dalla Russia: solo per rigassificare il GNL spende circa 1 milione di euro al giorno. Non proprio briciole.

E qui arriviamo a Federico Rampini. L’analista sul Corriere fa notare l’ipocrisia di un Occidente che non sembra aver compreso l’importanza di un simile sgarbo da parte di Kiev. “L’Ucraina mentì, quando cercò di sviare la caccia ai colpevoli puntando l’attenzione verso la Russia”, scrive il giornalista che elenca “alcune lezioni” da apprendere da questo “inganno perpetrato da una nazione amica a cui l’Occidente ha dato aiuti e armi, ancorché in misura insufficiente”. Primo: è sbagliato “declassare frettolosamente” il fattaccio, anche per chi sostiene senza se e senza ma l’Ucraina. È vero che in guerra la prima vittima è la verità, ma dagli alleati ci si attende almeno un minimo di rispetto.

Secondo: il racconto che i media occidentali hanno fatto di quelle esplosioni è stato viziato dal pregiudizio anti russo, per quanto giustificato. Molti infatti puntarono il dito contro Mosca, benché il “cui prodest” facesse immaginare che “la pista più verosimile era quella ucraina”. Anche Rampini fa mea culpa: “Nel prosieguo della mia analisi di quel 28 settembre 2022 sul Corriere, davo spazio anche ad altre teorie, aggiungevo possibili piste russe, che venivano accreditate da molte fonti occidentali. Sbagliavo a inseguire quelle dietrologie. La verità era alla luce del sole, il cui prodest non è sempre un criterio infallibile, però in quel caso soverchiava ogni altra considerazione”.

L’insegnamento che ne trae Rampini è che “anche quando c’è un torto e una ragione, un aggressore e un aggredito, una vittima e un carnefice, questo non significa che da una parte vi sia sempre e soltanto il Male, dall’altra sempre e soltanto il Bene”. Non si può assolvere ogni comportamento del proprio alleato. “L’Ucraina merita più appoggio politico ed economico, più armi, più accordi di difesa di quanti gliene abbiamo dati finora, ma non per questo dobbiamo tacere dei suoi errori e dei suoi crimini – continua il giornalista – Un generale tedesco, di fronte alle conclusioni dell’indagine sui sabotaggi contro Nord Stream, ha detto questo: se un attentato simile fosse stato compiuto da una nazione nemica, c’erano gli estremi per invocare l’articolo 5 del Trattato Nato e reagire con azioni militari. In effetti gli attacchi contro infrastrutture civili come quelle che trasportano energia, sono equiparati ad azioni di guerra. In quel caso gli ucraini misero fuori uso un’infrastruttura nevralgica che forniva energia alla Germania”.

Ora, è vero che “Kiev è riuscita fare il colpo e nascondere la mano, abbastanza a lungo che quando la verità si è saputa le reazioni sono state blande”. Ma è anche vero che, a differenza che in altri luoghi al mondo, dove a regnare sono le dittature, le democrazie occidentali sono capaci “di una trasparenza che altri regimi politici ignorano”. L’importante è ricordarsi che “ogni tanto siamo bugiardi anche noi”. E magari fare pubblica ammenda quando si scopre di aver sbagliato.

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