Salute

Nostalgia canaglia (del terrore virale): torna l’incubo con la “malattia del Congo”

L’Italia alza la soglia di attenzione sui voli. Sarebbero 30 i decessi ufficiali senza un perché. Ed è subito virostar

congo virus

L’inverno meteorologico ha già fatto il suo rigido ingresso nel Paese e, come accade dopo il pasticciaccio brutto del Covid, molti dei nostri giornaloni esprimono a caratteri cubitali una sorta di nostalgia canaglia per i “bei” tempi andati del terrore virale di massa. Tempi cupi nei quali gli stessi giornaloni, a rimorchio di una informazione televisiva a senso unico, intrattenevano i lettori spiegando loro che se si fossero avventurati fuori casa senza mascherina sarebbero andati incontro ad una triste sorte, così come accadde al Signor di Vly nella guerra di Valois, in una celebre canzone di Fabrizio De André.

Ebbene alla quasi disperata ricerca di un qualche virus da utilizzare alla bisogna, con una certa regolarità gli stessi nostalgici della paura lanciano un allarme con il quale risvegliare i terrore sopito degli stessi lettori.

Su tutti spicca il Corriere della Sera, che così ha aperto l’edizione online di venerdì 6 dicembre: “L’Italia alza l’attenzione sulla malattia del Congo: controlli ai voli”. Dopodiché nel sommario viene spiegato che “la malattia, ancora sconosciuta, ha portato a 30 decessi ufficiali in Congo, soprattutto tra i bambini sotto i 5 anni.” Tant’è che, nel malaugurato caso la paura virale dovesse tornare prepotentemente nell’immaginario collettivo degli italiani, gli stessi giornaloni hanno già pronto una definizione con cui etichettare il nuovo e misterioso agente patogeno: il virus di Erode.

Nel frattempo Walter Ricciardi, il virologo che durante la prima ondata di Covid ci consigliava di lasciare abiti e scarpe fuori della porta di casa, si porta avanti con il lavoro e dichiara ad AdnKronos Salute: “La malattia di cui non si conosce l’origine che circola attualmente in Congo preoccupa, ovviamente. È un altro campanello d’allarme, un monito perché si faccia il necessario per essere sempre in grado di affrontare eventuali emergenze, lavorando d’anticipo per essere pronti”. Ma non basta, il nostro allarga l’orizzonte dei pericoli virali avvertendo la popolazione circa la presenza di diverse fonti di preoccupazione. Ciò, prosegue Ricciardi, perché “il contesto generale è caratterizzato da un’emergenza continua di virus e da una grande mobilità. Rispetto al passato, quando i virus non si muovevano troppo dal loro luogo di origine, perché i mezzi di trasporto erano molto lenti, oggi passano rapidamente da una parte all’altra del mondo, basta meno di un giorno. Tutto questo servirebbe a farci rafforzare le iniziative che abbiamo imparato a conoscere durante la pandemia, cioè una collaborazione a livello globale tra scienziati e tra Governi per cercare innanzitutto di sorvegliare, monitorare ed essere immediatamente pronti nel caso di un’emergenza. Non lo sappiamo cosa accadrà, difficile prevederlo ora. L’unica cosa che possiamo fare è non farci trovare impreparati, non solo per questo allarme, ma per tutti quelli che ci saranno”.

Ora, a parte che è da alcuni decenni che i mezzi di trasporto consentono di raggiungere in meno di un giorno i luoghi più remoti del globo. Inoltre, vorrei segnalare ai tanti professionisti del terrore virale un detto di un vecchio saggio vissuto qualche millennio addietro: “Dal momento che sotto il cielo tutto può accadere, non possiamo vivere con la paura di morire da un momento all’altro.” Ed è esattamente ciò che molti nostri ingenui connazionali sono stati indotti a fare durante la pandemia di Covid, alcuni dei quali non si sono del tutto ripresi dai danni psicologici di quel periodo buio. Francamente sarebbe in caso di non ripetere tale, tristissima esperienza.

Claudio Romiti, 16 dicembre 2024

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