“Un quadro industriale e finanziario favorevole per i progetti nucleari per promuovere la ricerca e l’innovazione, in particolare per i piccoli reattori modulari e i reattori modulari avanzati”. È questo il messaggio lanciato dall’Italia, insieme ad altri dodici Stati membri dell’Ue, al termine di una riunione con la Commissione Europea. Tra i firmatari del documento vi sono Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia. L’Italia, insieme a Belgio e Paesi Bassi, ha invece firmato in qualità di Paese osservatore.
Lo sviluppo delle ricerche nel settore nucleare è da sempre obiettivo primario del governo francese, che anche in questo caso si è posto in prima fila tra gli Stati membri favorevoli ad affiancare alle centrali nucleari anche i mini-reattori in questione. L’obiettivo sarebbe quello di raggiungere i target e gli obiettivi climatici entro il 2050, ipotesi che però ad oggi risulta essere fortemente remota.
Obiettivo nucleare
L’atomo, si legge nella nota, costituisce “una tecnologia chiave, insieme alle energie rinnovabili, per raggiungere i nostri obiettivi climatici e la neutralità del carbonio nel 2050”. In questa prospettiva, i 13 governi firmatari ritengono “essenziale il rafforzamento della cooperazione industriale, delle catene del valore europee e l’agevolazione delle capacità finanziarie”, accanto al lontano miraggio (almeno per ora) di sviluppare un’indipendenza tecnologica.
La Commissione Europea, già nella giornata di ieri, aveva annunciato l’intenzione di studiare l’applicazione di linee-guida a riguardo, ma la decisione – come dichiarato dalla commissaria all’Energia, Kadri Simson – spetterà alle Nazioni. Ed i Paesi membri sembrano tutt’altro che uniti.
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Belgio e Paesi Bassi, infatti, dopo la riunione degli Stati pro-nucleari, hanno partecipato ad un ulteriore incontro, promosso dall’Austria, e che ha contato la partecipazione di altri undici Paesi (Austria, Germania, Belgio, Spagna, Estonia, Danimarca, Paesi Bassi, Irlanda, Portogallo, Lussemburgo e Lettonia), relativamente alle energie rinnovabili. L’Italia, così come la Francia, hanno deciso di abiurare l’incontro, riservando le proprie attenzioni esclusivamente sul nucleare. Rilevante, però, è il testa a testa tra Parigi e Berlino. Da una parte, la prima risulta essere la principiale precursore del modello nucleare; dall’altra, Scholz percorre ormai da anni la strada delle rinnovabili.
L’Italia sta con Macron
Roma sembra schierarsi (dopo mesi di gelo) con Emmanuel Macron. Al termine del Consiglio europeo della scorsa settimana, infatti, era stata la stessa Giorgia Meloni ad aprire al nucleare, affermando che per il raggiungimento della “neutralità tecnologica” è indispensabile il riconoscimento di tutte le tecnologie che “possono garantire gli obiettivi dell’Unione Europea”. Ma l’ostacolo rimane sempre Bruxelles: Ursula Von Der Leyen ha già specificato che i progetti sul nucleare non riceveranno gli stessi incentivi delle industrie green, definendolo “non strategico” per il processo di decarbonizzazione dell’Ue.
Insomma, un chiaro messaggio che incorona la frangia europea capeggiata da Timmermans, già uscita trionfante con lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel a partire dal 2035, che si affianca all’assalto per il via libera delle nuove case green. Bruxelles, però, dovrà affrontare la metà dei Paesi comunitari a favore del nucleare, soprattutto la Francia, in questi ultimi giorni protagonista di un vero e proprio braccio di ferro con l’Ue.
Dopo le dichiarazioni di Von Der Leyen, subito è arrivata la risposta del ministro francese dell’Energia, che ha alimentato un’incoerenza nell’applicazione del principio di neutralità tecnologica, che la Commissione Europea sta applicando ai carburanti sintetici su richiesta della Germania, e non farlo sulle richieste parigine relativamente al nucleare. La palla, ora, passa ancora nelle mani dell’Unione Europea.
Matteo Milanesi, 29 marzo 2023