Il lockdown stile rana bollita, una chiusura per volta per poi trovarci come ad aprile, piacerebbe agli italiani: addirittura al 73% secondo il sondaggio Emg Adn Kronos. Possibile? Non solo possibile, ma probabile e soprattutto non sorprendente. L’uomo, diversamente da quanto credeva Benedetto Croce, non è spinto dalla ricerca della libertà ma da quella della sicurezza, ed è pronto a barattare la prima in cambio della seconda. Su questo dato antropologico, come tale ineliminabile, gioca il potere politico in ogni epoca e in ogni sua forma.
Del resto, non occorre essere esperti della storia del comunismo per sapere che esso è crollato, in Europa orientale, non perché le masse volessero libertà ma perché non potevano più sopportare che alla sua privazione non corrispondesse più la sicurezza economica garantita dai i regimi. E, in questo caso, non parliamo solo di sicurezza economica ma propria di sicurezza del corpo e della salute. Chi ritiene, come me, e come tanti in questa sede, che il lockdown anche a rana bollita sia un errore e che peraltro serva a poco a combattere la pandemia, deve sapere che conduce una battaglia di minoranza e di testimonianza eretica e quasi sovversiva.
Il partito del lockdown è forte, ed è quasi un blocco sociale: parte di impiego pubblico, di imprenditoria sovvenzionata e assistita, di percettori di reddito di cittadinanza, di pensionati. A questi, rigorosamente, che l’Italia vada in malora forse definitiva dal punto di vista economico e che si avvii verso un tragico, e irreversibile se non forse nei secoli, declino, importa veramente poco, perché ad assicurare i loro bisogni c’è la mano protettrice dello Stato.
L’Italia dei produttori dovrebbe invece insorgere, perché è quasi certo che un nuovo lockdown le darà il colpo di grazia. Perché non lo fa? Perché fatica a trovare una propria rappresentanza politica, che l’opposizione sembra ancora timida a incarnare. E perché la pressione psicologica della massa che chiede lucchetti è enorme. Ma se i produttori non si faranno sentire, la via è segnata. Anche in Venezuela era cominciato così.
Marco Gervasoni, 16 ottobre 2020