Fai presto a dire Nobel per la pace. Soprattutto se il prestigioso riconoscimento te lo consegnano per grazia ricevuta, tipo benedizione dell’Altissimo, senza che tu abbia ancora fatto nulla se non vincere la corsa alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Certo, sei il primo nero a riuscirsi, ma poco importava allora cosa Barack Obama avrebbe davvero fatto per la pace nel mondo. Il nobel glielo consegnarono il 9 ottobre del 2009, a nemmeno un anno dalla sua elezione, con una motivazione così stravagante (“per il suo straordinario impegno per rafforzare la diplomazia internazionale e la collaborazione tra i popoli”) che pure lui fu costretto ad ammettere che altri lo avrebbero meritato più di lui. Lo sapeva allora, è ormai appurato oggi. Soprattutto da quando un’inchiesta del New York Times ha svelato che degli oltre 50mila raid aerei messi a segno dagli Usa in Afghanistan, Iraq e Siria hanno colpito i bersagli sbagliati e provocato migliaia di vittime civili. Anche e soprattutto bambini.
Come ricorda Gian Micalessin sul Giornale, tutto inizia guarda caso proprio nel 2009, poco prima di ricevere l’immeritato Nobel alle intenzioni. In quei giorni Obama sceglie di cambiare strategia in quella che chiamerà la “più precisa campagna aerea della storia”. Anziché schierare troppe forze in campo, col rischio di mandare a morte i giovani americani, il Presidente Usa decide di moltiplicare i raid dei droni e degli aerei armati contro il Califfato e in generale il terrorismo. Minimo sforzo, massima resa. Con pochi soldati a stelle e strisce da piangere e “effetti collaterali” che tutto sommato non occorre giustificare granché, soprattutto se i documenti relativi ai risultati degli attacchi vengono rapidamente archiviati e magari secretati.