di Paolo Becchi e Giuseppe Palma
Con 144 sì, 25 no e 3 astenuti il Senato ha approvato giovedì il disegno di legge 2167 di conversione in legge del decreto-legge n. 44 del 1° aprile 2021, che prevede l’obbligo vaccinale per il personale medico-sanitario. L’aula di Palazzo Madama si è limitata ad approvare il ddl di mera conversione respingendo tutte le questioni di pregiudizialità e tutti gli emendamenti presentati in aula.
Il monito del Garante della Privacy
Come avevamo evidenziato in un nostro precedente articolo, per ciò che concerne l’emergenza da Covid-19 l’obbligo vaccinale in sé non è da considerarsi a priori in contrasto con l’art. 32 della Costituzione che riguarda la tutela della salute. La Costituzione lascia una porta aperta anche in questo senso quando parla dell’”interesse della collettività”. Ma il problema qui è che si tratta di vaccini che in realtà sono ancora sperimentali e non garantiscono al vaccinato di non essere contagioso. Ha senso in queste condizioni parlare di obbligo vaccinale? E perché non è stato neppure consultato il Garante per la protezione dei dati personali su un aspetto così sensibile come i dati della salute? Eppure il Garante – che il 23 aprile ha preso una posizione molto netta contro il “pass verde” previsto dal decreto-legge n. 52 del 22 aprile 2021 – sull’obbligo vaccinale per il personale medico-sanitario ha avvertito Parlamento e Governo che “il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l’avvenuta vaccinazione anti Covid-19”. Sia l’esecutivo che le Camere hanno fatto finta di niente, eppure l’Italia è l’unico Paese della Ue in cui è previsto questo particolare tipo di obbligo.
Cosa rischia chi non si vaccina
Vi è di più. Gravi sono le conseguenze giuridiche previste dal decreto per chi si rifiutasse di sottoporsi a vaccinazione. Il primo comma dell’articolo 4 prevede infatti che “la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati”. La sanzione prevista dal comma 6 dell’art. 4 per chi si rifiutasse di sottoporsi a vaccinazione, dopo rituale avviso, è quella della “sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali”. Tuttavia il datore di lavoro, ossia la struttura sanitaria, ai sensi del comma 8 del medesimo articolo “adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate”, e comunque non al contatto col pubblico. Nel caso invece in cui l’assegnazione a mansioni differenti non fosse possibile, per il periodo di sospensione – che al momento è fissato non oltre il 31 dicembre 2021 – “non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato”.
In pratica se il medico, l’infermiere o l’operatore socio-sanitario sono “fortunati” vengono demansionati nel ruolo e nella retribuzione, e anche qui ci sarebbe da discutere, altrimenti vengono sospesi dal lavoro fino a fine anno senza percepire alcuna retribuzione. Un bel problema di criticità costituzionale, visto che la Carta fonda la Repubblica sul lavoro (artt. 1 e 4) e “tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni” (art. 35), compresa la retribuzione (art. 36).
Perché lo scudo penale?
Sanitari quindi da una parte “costretti a pungersi”, “dando il loro consenso”, trasformandosi in una sorta di “servi volontari”, dall’altro però tutelati da uno “scudo penale” per le “punturine” che faranno agli altri. Perché introdurre una disposizione del genere se si avesse la certezza che i vaccini sono sicuri e non presentano controindicazioni, anche gravi? L’art. 3 del decreto-legge, per il personale medico-sanitario che somministra i vaccini, prevede – fatta eccezione per i casi di “colpa grave” – l’esclusione della punibilità per i reati di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale (omicidio colposo e lesioni personali colpose) “quando l’uso del vaccino è conforme indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità”. Insomma, medici costretti a vaccinarsi, ma poi protetti da uno scudo penale, mentre i cittadini sottoposti a vaccinazione restano senza alcuna tutela, neppure risarcitoria.
La procedura “d’urgenza”
Inoltre, per introdurre il trattamento vaccinale obbligatorio, si è scelta la strada del decreto-legge, ma a dire il vero non troviamo i “casi straordinari di necessità e di urgenza” di cui all’art. 77 della Costituzione. C’è, sì, la pandemia, così come c’è da un anno e mezzo lo stato di emergenza, ma la necessità e l’urgenza di adottare un decreto-legge per introdurre l’obbligo vaccinale per medici e sanitari francamente è incomprensibile. Serviva semmai una legge ordinaria, frutto di una seria discussione parlamentare e di diversi passaggi e modifiche, dovendosi tenere conto di tutte le posizioni e sensibilità esistenti nel Paese. La legge di conversione, invece, visti anche i tempi ristretti per la sua approvazione (60 giorni), altro non fa che trasformarsi in un mero atto di ratifica senza modifiche. Sui diritti fondamentali, dalla libertà alla salute, c’è stato un vero e proprio abuso sia dei dpcm che dei decreti-legge.
Il fallimento del Parlamento
Un’occasione perduta. Si è detto finora che il Parlamento, per tutto il periodo emergenziale, aveva fatto la bella statuina, esautorato dal Governo in quella che è la sua funzione principale, fare le leggi. Ora capita l’occasione per modificare un decreto-legge importante come quello che prevede l’obbligo vaccinale, e invece di svolgere un ruolo attivo le Camere si limitano passivamente a ratificare senza modifiche le decisioni del Governo. A parte qualche voto contrario e qualche astenuto/assente, anche la Lega alla fine ha votato il ddl, esattamente come Forza Italia e i partiti di centrosinistra. Fratelli d’Italia e qualcuno del gruppo misto hanno invece votato contro. Imbarazzante l’atteggiamento del M5s, che della libertà di scelta vaccinale ne aveva fatta una sua bandiera di principio.