Il premier Draghi, a differenza della consuetudine avviata dal suo predecessore Conte, ha evitato di mettere la fiducia su un maxiemendamento del governo, lasciando che Palazzo Madama discutesse ed eventualmente modificasse il decreto-legge. Il Senato ha, sì, discusso, e parecchi sono stati gli emendamenti presentati, ma la maggioranza ha respinto tutte le proposte correttive approvando il ddl senza modifiche. Ora la parola passa a Montecitorio, che non farà altro che ratificare la decisione del Senato. E qui siamo di fronte al cosiddetto “monocameralismo di fatto” che esclude la dialettica tra le due Camere.
Siamo passati dai dpcm di Conte ai dl di Draghi, ma la sostanza non è cambiata. Anche il modo di operare di Conte attraverso decreti assorbiti da altri decreti, che aveva sollevato molti dubbi, viene ora nuovamente ripreso da Draghi. Il Parlamento sembra paralizzato. A questo punto se ne potrebbe fare anche a meno: se non è interpellato si lamenta, quando invece può svolgere le sue prerogative non fa altro che abdicare. Dunque il problema non è il Governo che vuole sostituirsi al Parlamento, ma il Parlamento che ha deciso di lasciare definitivamente le sue funzioni al Governo.
Paolo Becchi e Giuseppe Palma, 15 maggio 2021