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Matteo Renzi ha deciso, per Italia Viva e per +Europa (quando annuncia di investire nel centrosinistra il quasi 4 per cento delle Europee include i voti di +Europa, no?) che d’ora in avanti questi partiti sono parte integrante del centrosinistra. La cosa positiva è che così frantuma definitivamente l’equivoco terzopolista, il centrismo che occhieggia ora a destra ora a sinistra a seconda delle convenienze. Matteo Renzi ne è stato coprotagonista fino a ieri, Calenda continua a gestirlo. Marattin e Costa ancora non si capisce cosa vogliono farne.
La cosa negativa è invece l’assegno in bianco consegnato a Schlein. Che non è Von der Leyen, cioè una leader che guida l’Europa dal centro con una visione dei rapporti economici, sociali, politici, nazionali e internazionali consolidata nella tradizione del partito di Adenauer, Ehrard, Kohl, Merkel. Schlein è a capo di un partito, il Pd, che oggi affida a una tessera con l’immagine di Berlinguer la forza e il succo della sua tradizione. Il segretario del PCI che certo accettò la Nato ma subito dopo accese, in sintonia con Mosca e con il pacifismo dell’epoca benedetto da Breznev, la campagna contro lo stanziamento degli euromissili a Comiso in risposta a quelli puntati contro l’Europa dall’Unione Sovietica.
Schlein ha affidato la sua politica estera in Europa a due eredi di quel pacifismo fuorviato. Renzi rivendica la chiarezza, ma non c’è chiarezza nell’intervista che ieri ha rilasciato al Corriere della Sera. Perché prima di scegliere una alleanza organica – organica, questo è il punto e questo traspare dall’intervista – tante cose andranno chiarite sulle scelte di politica economica (il referendum sul Jobs Act non può essere rimosso con una alzata di spalle) giudiziaria (alla manifestazione di Genova mancavano solo le monetine) e internazionale del Pd. Questo è il punto, prima ancora del rapporto con Conte e i Verdi-Sinistra.
Marco Taradash, 20 luglio 2024
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