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Occhio ai comunisti: la subdola strategia per fare cadere Meloni

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Qualcuno, non ricordo chi, ai tempi dei governi Berlusconi si prese la briga di suggerire a quest’ultimo di smettere di chiamare comunisti i comunisti, perché da un punto di vista comunicativo era controproducente. Ora, qualcun altro, non ricordo chi, torna alla carica con Meloni, sempre con lo stesso argomento.

Secondo me dev’essere una subdola tattica comunista di qualche infiltrato. Che i comunisti vengano chiamati comunisti, infatti, fa più danno a loro, sennò non si sarebbero presi la briga di cambiare continuamente nome alla loro fazione per annebbiare almeno le nuove generazioni e cercare di far dimenticare chi sono e da dove vengono. Ed è dai tempi di Lenin, loro padre fondatore, che il loro slogan inespresso è: o comandiamo noi o sfasciamo tutto.

Quando perdono – ed è dal 1948 che perdono, perché gli italiani non hanno mai votato per qualcuno ma sempre contro qualcun altro – e quando anche le manovre di palazzo falliscono, la tattica è la solita, fin dai tempi di Lenin: la piazza. E giù con «Piazzale Loreto!», aggressioni anche non verbali, intimidazioni, slogan sanguinosi contro i «fascisti» (cioè, chi ha sfilato la poltrona dalle loro terga) a prescindere. Le sigle e gli striscioni? Collettivi, femministi, centri sociali, licei okkupati? Fumo negli occhi. Sono sempre loro. Ormai non hanno neanche più bisogno di appigliarsi a qualche scusa, a qualche provvedimento sgradito del governo Meloni. No, abbasso! e basta, prima ancora che la Meloni tocchi palla.

Perché? Perché la strategia è sempre la stessa: o comandiamo noi o sfasciamo tutto. Se il «governo fascista» ricorre alla legge e ai tribunali? Bah, c’è il soccorso rosso. Il che serve anche a incoraggiare gli indecisi a passare dalla loro parte: con noi te la passi bene e sei impunito, contro di noi passi i guai. Se andate a riguardarvi la storia di come i bolscevichi presero il potere e se lo tennero per settant’anni vedrete che c’è già tutto lì: Lenin e i suoi quattro gatti (bolscevico vuol dire «minoranza») fecero tutto così e fecero scuola.

Per approfondire:

  1. Transfemministi, ecologisti e violenti: gli antifa pestano un agente
  2. “Italiani barbari e fascisti”: i comunisti francesi ci insultano

Tanto che lo stesso Parvus, il finanziere che gli aveva procurato i soldi tedeschi e il treno blindato, ne prese le distanze: aveva manovrato per far crollare lo zarismo e invece aveva creato un mostro, cosa che accadde fin da subito. Il compianto Gianni Baget Bozzo, prete sospeso perché in lista con Craxi, in una lunga confessione su «Panorama» allora diretto da Giuliano Ferrara, era giunto alla stessa amara conclusione: i comunisti sono sempre gli stessi.

Ora, noi qui auguriamo a questo governo di durare tutta la legislatura e, perché no, anche dopo. Ma prepariamoci a cinque anni di inferno. I comunisti non hanno una proposta né un programma, solo un nemico da abbattere. E hanno già cominciato. Ho già scritto in un precedente articolo che alla destra non basterà dimostrare di aver ben governato se tutta la propaganda è in mani altrui. Questa cosa la vado dicendo dai tempi della prima vittoria elettorale berlusconiana. La spiegai in un augusto consesso ma fui addirittura zittito perché c’era «altro a cui pensare». Eh, in tutta l’Iliade la parte peggiore è quella di Cassandra…

Rino Cammilleri, 8 dicembre 2022