L’emergenza del Coronavirus conferma che su molti punti i sovranisti, i nazional conservatori, i critici da destra della globalizzazione e dell’Unione europea hanno visto giusto. L’individuo della società liberal-libertaria è una creature fragile e indifesa e ha bisogno di comunità (nazionale).
Ma attenzione che a trarne vantaggio potrebbero essere coloro che, negli ultimi tempi, sono stati gli alfieri della Unione europea, della globalizzazione, della società individualistica, cioè i progressisti.
Il successo di Joe Biden, uno zombie del peggior blocco di potere clinton-obamiano, contro candidati in diversa misura anti establishment come Warren e soprattutto Sanders, è un segno. Più in piccolo, nel nostro paese, la ripresa, nei sondaggi, del Pd, e soprattutto il calo della Lega (anche se «contrastato» dalla crescita di Fratelli d’Italia) sembrano segnare un rischio: che gli elettori colpiti direttamente o indirettamente dalla epidemia potrebbero alla fine premiare coloro che politicamente hanno contributo a forgiare quello stesso ordine all’origine del virus.
Nel caso statunitense, ad esempio, una gestione insoddisfacente o minimizzatrice, da parte di Trump (che però ora pare ritornato su suoi passi) potrebbe fornire ossigeno a uno sleepy Joe, che, proprio perché figura scialba e dormiente, potrebbe sembrare più rassicurante, in tempi di emergenza, del dinamico Trump.
Quando l’uomo ha paura ha bisogno sì di un capo. Ma di un capo che lo rassicuri, non che crei ulteriore paura o ansia. Ora la comunicazione trumpiana e soprattutto quella dei sovranisti continentali ha sempre giocato sulla paura. Contrariamente a quanto pensano i progressisti o gli esponenti della «destra civile» (che poi non sono che progressisti mascherati, vedi Bloomberg) ritengo che Trump e i sovranisti abbiano fatto benissimo a utilizzare quella corda. Anche perché il sistema globalista di paure, non tutte irrazionali, anzi quasi tutte reali, ne aveva prodotte. E continua a produrne, vedi appunto il Coronavirus.
Ma quando l’uomo ha paura di morire si affida a chi può dargli maggiore certezze. Per questo inevitabilmente, sul breve periodo (che però non sappiamo quanto potrà essere lungo) la crisi mondiale favorirà chi al potere già ci sta. Per questo, e anche per altre ragioni, alla fine penso che Trump vincerà.
Il problema che in Italia al potere c’è il Pd. Dico il Pd perché, pur avendo il 18% della rappresentanza parlamentare, molto meno dei 5 stelle, li ha completamente schiacciati. Dall’inizio della crisi sono totalmente spariti, e quelle volte che alzano la testa (vedi ieri con il ministro Azzolina) i risultati sono comici, prima che disastrosi. Il Pd esprime il presidente del Consiglio, che ormai Zingaretti considera utile idiota del suo campo, una specie di nuovo Prodi. Il Pd esprime il presidente della Repubblica, Il Pd esprime ministri importanti, si pensi a Gualtieri. Del Pd, nella Ue, sono Gentiloni e Sassoli, che contano nulla, ma comunque più di chi sta all’opposizione.
Soprattutto il Pd esprime la grande burocrazia, la tecnocrazia, il deep state, cioè quella macchina dello Stato a cui, nelle fasi come questa, tutti guardano e a cui tutti chiedono soccorsi. Alto che federalismo, che anti statalismo, che europeismo: con la crisi Coronavirus è il Leviatano 2.0, come l’ha chiamato Charles Maier, lo Stato nazione che torna padrone, a cui tutto chiediamo protezione.
Ora le chiavi della macchina del Leviatano 2.0 in Italia le detiene solo un partito, il Pd. Un partito non partito, perché assemblaggio di correnti e di tendenze eteroclite, senza alcuna idea di futuro (non avendo idea di passato) un partito che è una accozzaglia di tanti «partiti dello straniero» (quello pro francese, quello pro tedesco, quello americano dem, persino quello cinese). Un partito tenuto assieme solo da una cosa: il potere. Che sa spartirsi e mantenere benissimo.