Uno dei più grandi inganni della politica economica sono le percentuali. E diventano uno strumento usato come una clava per attaccare chi governa e, soprattutto, per confondere le acque. Cerchiamo di spiegarci meglio. Tutte le grandezze economiche vengono, in genere, espresse in percentuale e in rapporto al Prodotto interno lordo. Facciamo un esempio che potrebbe chiarire la faccenda.
Il debito pubblico è poco superiore al 140% del Pil, pari a 2.800 miliardi di euro. Una montagna di soldi che, correttamente, si mette sempre in paragone con il Pil. Il debito pubblico americano è più di dieci volte quello italiano e raggiunge la favolosa cifra di 32mila miliardi di dollari. Ma l’economia a stelle e strisce ha una dimensione ovviamente superiore e, dunque, in percentuale il debito americano sembra più basso. E lo è. Noi paghiamo tra i 60-70 miliardi di interessi sul debito, loro 750.
Le percentuali rischiano di essere fuorvianti. Tra il 2020 e il 2022 il debito italiano sembrerebbe scendere in percentuale al Pil: cosa che è avvenuta. Ma, in termini assoluti, è aumentato di 350 miliardi di euro, avete capito bene. Certo c’è stata la pandemia e tutto il baraccone di bonus e spese. Ma il punto fondamentale è che lo stock, il macigno del debito, è salito e, dunque la rata del mutuo è diventata più importante. Così come spesso si dice che il Pil italiano ha fatto miracoli tra il 2021 e il 2022, crescendo del 10%. In realtà, in termini monetari, ha solo recuperato quanto perso nella pandemia: nessun miracolo dunque, ma una molla che, compressa per troppo tempo, è scattata.
Altrettanto eclatante è la storia della spesa sanitaria. Con la quale si pagano stipendi e strutture del nostro servizio sanitario pubblico. Essa, per confronti internazionali, viene spesso comunicata in termini percentuali. Ma non hanno molto senso. I medici e i macchinari si pagano in euro e non in percentuale del Pil. Succede che nell’anno della pandemia il Pil crolla: ci hanno tutti chiusi in casa. E la spesa sanitaria fa un balzo in alto, ma in termini percentuali. E non perché abbiamo speso molto di più, ma semplicemente perché il termine di paragone, il Pil, era crollato. Percentualmente sembrava che fossimo generosi con la sanità, siamo solo stati ingenerosi con l’economia.
Quando si parla di programmi di spesa conviene fare i conti con i numeri assoluti. Nel 2020 la spesa sanitaria era quasi a quota 122 miliardi di euro. Nel 2023 ha sfiorato quota 135 miliardi. Tredici miliardi in più rispetto al 2020. Se per un momento si abbandonano le percentuali e si ragiona sui numeri, si leggono le politiche economiche in modo totalmente diverso.
Nicola Porro, Il Giornale 5 ottobre 2023