Politica

Occhio Giorgia Meloni: il Ppe preferisce i socialisti

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Finisce là dove aveva iniziato Ursula von der Leyen. Quello di ieri è stato l’ultimo discorso sullo “stato dell’Unione” tenuto dalla presidente della Commissione Europea, ma la transizione ecologica, il New Green Deal, è restato al centro del programma nonostante le contraddizioni di cui la realtà ha abbondantemente presentato il conto in questi anni. E lo è restato ancora con tutti quegli elementi di un ambientalismo estremistico, che non solo rischia di rovinare le nostre vite ma anche di non sortire nessun effetto concreto per salvare un pianeta che viene descritto “in ebollizione” col sottinteso che sia solo colpa nostra.

Lo stesso uso di termini come “salvezza”, oppure dell’espressione “chiamata da parte della storia”, confermano, al di là di ogni possibile e legittima opinione sul tema, il carattere di vera e propria religione secolare che ha assunto questo tipo di ambientalismo nelle secrete stanze di Bruxelles. Ma tant’è! Questa insistenza è però una spia politica di non poco conto per capire le reali intenzioni del Partito Popolare Europeo, di cui la Von der Leyen è espressione, sulle future alleanze dopo il voto del giugno prossimo. Tanto più che sempre ieri il presidente del partito, Manfred Weber, ha ringraziato i socialisti e i sedicenti liberali di Renew per il “buon funzionamento” di una coalizione che in questi avrebbe preso le “decisioni giuste” (sic!).

Ora, la von der Leyen, e soprattutto Weber, sono i due esponenti popolari che avevano mostrato a Giorgia Meloni le maggiori aperture in previsione di un possibile spostamento dell’asse del loro partito a destra verso l’ECR. Ci si può fidare? La loro è stata tattica o strategia? E in che misura il Ppe è disposto a modificare un’agenda politica che di cristiano e popolare ha ben poco ed è tutta orientata verso il costruttivismo socialista in tinta verde (oggi predominante)?

Alla Meloni bisognerebbe consigliare molta attenzione e prudenza. E bisogna altresì chiedersi se, alla fine, non sarebbe meglio compattare il fronte che all’agenda verde forte di Ursula si oppone, senza escludere nessuno per meri motivi ideologici (penso alla Le Pen e al gruppo di “Identità e democrazia”). Solo poi, da una posizione di forza (se come è lecito pensare gli elettori risponderanno positivamente nelle urne), si potrà passare al dialogo con i popolari e imporre le proprie condizioni senza subire le altrui. A quel punto probabilmente la nuova agenda sarebbe più vicina ai cittadini e ai loro problemi concreti, non li considererebbe solo dei virus che attentano alla vita del pianeta e come tali alla fine “sacrificabili”.

Corrado Ocone, 14 settembre 2023