Occhio Meloni, gli anni facili sono finiti: ora inizia la crisi

Quando le cose cominciano ad andare male in economia, anche la politica ne risente

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Il governo Meloni avrebbe in linea di principio altri quattro anni davanti senza preoccupazioni dal punto di vista economico, a meno che l’economia pompata negli ultimi quattro anni da circa 450 miliardi di deficit non vada in crisi, perché i tassi aumentano e la Bankitalia non compra più debito. E ahimè è quello che sta succedendo.

Se guardi ai dati del 2023 prodotti da Mazziero, nei primi sette mesi il deficit è al livello più alto degli ultimi 20 anni. Fatto salvo il 2020, l’anno del lockdown, quando era a 135,2 miliardi, a luglio di quest’anno i dati sono di 134,9 miliardi (nota bene, per motivi legati alle scadenze fiscali, negli ultimi mesi dell’anno entrate e uscite quasi sempre, circa, si pareggiano).

Guarda bene questo grafico dei deficit degli ultimi anni e vedrai che abbiamo avuto quattro anni fortunati, in cui si sono fatti deficit da 2 a 3 volte quelli degli ultimi trent’anni. A meno di non continuare, e diventare come il Giappone, tenendo tassi quasi a zero e facendo comprare tutto il deficit alla Banca Centrale o banche (supportate dalla medesima), stiamo andando verso la crisi.

Il governo ha ancora a favore un deficit record che ovviamente tiene su l’attività economica, basti pensare che prima dell’emergenza pandemica, lockdown e sanzioni alla Russia, i deficit oscillavano tra 40 e 60 miliardi (sempre usando come riferimento i primi sette mesi come sopra).

Le discussioni sull’economia però non prendono mai in considerazione l’altro fattore che è ancora più importante per spingere o far contrarre l’economia, i soldi che le banche mettono (o tolgono) dalla circolazione. Il credito totale in Italia è basso rispetto alla media europea e mondiale, solo il 105% del Pil, ma se aumenta o cala, ad esempio, del 5% si tratta di 50 miliardi. La notizia tragica appena uscita è che le banche italiane (e solo loro perché nel resto d’Europa solo la Spagna ha una riduzione del credito) hanno ridotto il credito improvvisamente del 6,2%, che è una cifra enorme.

Se guardi le statistiche del credito nei vari paesi industriali solo nel 2008 è successo e non in tutti i paesi. Nonostante siano salite in borsa più di tutti gli altri titoli (Unicredit +70% ad es. nel 2023), abbiano utili record e maggiori che negli altri paesi e non paghino nemmeno la famosa sovrattassa, le banche tagliano il credito come se ci fosse una crisi finanziaria. A dire la verità, in questo modo la creano a famiglie e imprese. Al momento, come si è visto nel grafico, si sta facendo un deficit pubblico record, il più alto in pratica dai primi anni ’90. Ma BCE e Bankitalia, che ne hanno comprato per circa 900 miliardi negli ultimi anni, hanno ora smesso di farlo.

Il deficit pubblico e la variazione del credito sono le due cose che spingono l’economia. Il credito viene già tagliato a livelli record e il deficit pubblico, essendo già adesso a livelli record, senza più il sostegno della BCE, andrà tagliato il prossimo anno. L’economia non è difficile se ti concentri sulle cose importanti, che sono i deficit aumentati o ridotti e le banche che aumentano o tagliano il credito. Al momento i deficit sono al massimo e quindi caleranno, ma il credito è già stato tagliato di una cifra parti al 6,4% del PIL (dato che il credito è il 105% del PIL).

Come compensi questo enorme taglio del credito? Un improvviso cambio di rotta delle Banche Centrali che si rimettono a finanziare loro di nuovo deficit record è improbabile. In Usa promettono di non farlo per un paio di anni e tutti seguono l’esempio della Federal Reserve. Inoltre, gli Stati Uniti devono finanziare loro 2mila miliardi di deficit annuo ora e fanno fatica ad emettere titoli a lunga scadenza, si stanno finanziando da due anni molto con titoli a scadenza un anno. Se guardi a queste due cose, deficit e credito totale, da qui in poi l’economia in Italia si trova in una situazione pessima. E quando le cose cominciano ad andare male in economia, con tanto di crisi, anche la politica ne risente.

Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, 30 ottobre 2023

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