Oddio, che strazio: torna l’immenso niente di Sanremo (pagato bene)

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Hanno fatto fare ai “cantanti”, tutti salvo la Mannoia che con sussiego comunista si è rifiutata, brrr con la bocca, i versi, i rumori che fanno i bambini dell’asilo. E i cantanti hanno eseguito e un po’ perché di meglio non saprebbero fare e un po’ perché Sanremo è una faccenda alla don Vito Corleone, che se ti fa una proposta che non puoi rifiutare, tu non ti rifiuti. Nessuno dice no a Sanremo perché un conto sono le boiate ad uso della plebe, il popolaccio che sta sotto l’Ariston anche per 22 ore di fila e urla a tutto ciò che vede muoversi, che a vederli viene alle volte il sospetto che i centri sociali pro Hamas, tutti i torti proprio non ce li abbiano; altro è la sovrastruttura che non si vede ma si chiama Rai e si chiama politica e si chiama potere. Si chiama regime.

Il regime ha le facce ilari, forse sfottenti di Amadeus, Fiorello e Fabio Fazio che li invita e così scatena il panico in Rai. A Sanremo, si giocano, a seconda delle sorti di questa settimana, i destini dei nuovi e vecchi arrampicatori nel servizio cosiddetto pubblico, si spostano alleanze, si erigono o demoliscono carriere in ragione del riscontro mediatico che vuol dire prima di tutto, ma non solo, raccolta pubblicitaria: si punta a superare i 60 milioni che coprirebbero l’intero ammontare del budget complessivo. Cifre, compensi da non morir mai: Ama, pare, perché in ossequio alla trasparenza niente qui è certo, 700mila euro, la moglie incorporata, la sora Giovanna messa dappertutto, primafestival, dopofestival, Radiofestival, non si sa, Ciuri sui due-trecentomila (AmaCiuriGiò è un ibrido rivierasco, un mostro a tre teste, una mutazione genetica impossibile da scindere nei suoi elementi originari, dove va uno vanno gli altri due); qualcosa meno, forse, di Mengoni, poi c’è la Cuccarini più amata dagli italiani quarant’anni fa, poi la Giorgia che da tre decadi non imbrocca un successo, a Sanremo non si bada a spese, quattro, cinque spalle del cristologico conduttore martire (un giornale ha scritto: “700mila euro per una mole di lavoro ingrata”, come dire troppo poco, fate una colletta), e ciascuna il suo bottino. Poi ci sono i 30 cantanti, 50mila cadauno come rimborso spese, questa la formula, poi gli ospiti che si aggirano sulla stessa somma, gli italiani in saldo, sugli esotici ancora una volta regna il riserbo. Qui girano i soldi, amici miei! Oltre alle carriere, le invidie, le coltellate nella schiena. Se AmaCiuri “tin bota”, tutto bene e li, lo, AmaCiuri è un ibrido, lo chiamano la sesta volta, se floppa anche di poco, rischia il prosieguo della carriera. Bestia selvaggia, Sanremo!

Ma questo la plebe non lo deve sapere, non lo deve sapere, non lo deve sapere come Giuni Russo ad Alghero in compagnia dello straniero. La plebe sta lì davanti alla passerella e un po’ si selfa e un po’ si picchia, io ne ho visti anche che si sputavano addosso, senta un po’ lei, con quei gomiti, vuole stare un po’ ferma, badi a come parla sa, cosa crede, di essere nel salotto di casa? Nel salotto fantozziano di casa – Pina! Non ci sono per nessuno, vestaglione di flanella, Peroni gelata e rutto libero ai cantanti – si pretendono o si sognano quattordici, diciotto milioni debitamente storditi da un bombardamento partito la scorsa estate e che fa impallidire quello degli israeliani a Gaza: non deve restare in piedi niente della sanità mentale ed ogni arma è lecita, dai cantanti che fanno le scorregge con la bocca all’overdose micidiale di AmaCiuri a tutte le ore. Ti svegli e sono lì, mangi e sono lì, provi un approccio con l’amica e ti si blocca il coitus perché escono fuori da chissà dove, dal letto, dal rubinetto, dal buco della serratura con le loro cronache di poveri amanti giovanilistici, le loro piccole cose di pessimo gusto. Ha ipotizzato Maurizio Caverzan su “la Verità” un effetto saturazione: ciò, speremo de sì, non è possibile che le sorti di un Paese per dieci settimane, epicentro questa che si apre, restino appese ad AmaCiuri. Dev’essere impazzito anche il presidente del Consiglio che ha chiesto a Sinner quasi in ginocchio di andarci (il ragazzo, per sua e nostra fortuna, ha le palle e ha rifiutato educatamente, all’insegna dell’etica del lavoro). Oppure anche Giorgia sa di che si tratta, sa che Sanremo può far ballare il governo, amici miei, e voleva usare il nuovo ragazzo meraviglia del tennis italiano e mondiale a qualche fine propagandistico.

Sì, Sanremo è Sanremo, per dire la macchina del sonno della ragione ad opera del sommo potere “che ti entra nelle ossa, che ti vibra nella pelle”. Solo che, per mancanza di materia prima, si assiste a un’alluvione di niente, un immenso niente che copre tutto. Di che parli? Di questa Big Mama che dice “sono grassa, lesbica e odio Meloni” (e sticazzi?)? Di emeriti sconosciuti, raccomandati (se no qui non ci arrivi, sul palco del piccolo Ariston non ci metti piede)? Scusate, ma chi li ha mai sentiti ‘sti Fred de Palma, Geolier, Clara, Bnkr e potremmo continuare usque ad nauseam? O parliamo dei redivivi Negramaro, dei Ricchi e Poveri fuori tempo già nel 1970, della Cinquetti che 60 anni fa non aveva l’età ma non vedeva l’ora, adesso pure non ha l’età ma non si ricorda per cosa? La Berté coi labbroni da Muppets che per l’ennesima volta ripete io sono una incazzata, una contro, eh, come no, e vai di repertorio, Borg, Panatta, cambio palla, ecco un’altra che ritiene essersi complicata la vita all’insegna del ribellismo estetico un presupposto escatologico che riguarda tutti, che dovremmo non si sa perché scontare tutti, un Festival dopo l’altro. Le miracolate come la figlia di Mango, poca figliola di tanta arte, la Annalisa che dopo una vita nel sottoclou è diventata una stellina con una roba immonda che dice “ho visto llui, che bacia llèi, che bacia llui, che bacia llui, nananaaa” e posa spocchiosa fra Lady Gaga e Giovanna Marini?

Sì, d’accordo, saremo carogna noi, come chi legge si aspetta del resto, ma resta il fatto che quest’aria da Secondo Avvento, da Giorno del Giudizio fa girare i coglio** considerando che a superbia non corrisponde lacerto di merito: come diceva dr House, la presunzione si guadagna, che hanno fatto questi per meritarsela? Gente che per 51 settimane l’anno arranca come monatti, dischi tutti ne vendono pochissimi, almeno Ramazzotti l’ha ammesso, e comunque non qui, nessuno qui, neanche i tanto pompati Mengoni o Mahmood, fluidi da Agenda che sgonnellano come in una propaganda dell’Unione Europea, altro che i mascheroni di Renato Zero che sfasciava a calci le porte dei pregiudizi: tutta questa gente, che non potrebbe sciogliergli i lacci degli zatteroni, dovrebbe solo baciare dove cammina lui. Gli unici che vendono sono le facce da schiaffi, da ceffoni, da timpulate dei trapper delinquentelli, dentro e fuori da galera, da Caivano o Quarto Oggiaro, detto quarto raggio, all’Ariston, scorie che grazie a Dio durano meno delle zanzare, a obsolscenza programmata e anticipata come gli smarphone che da un momento all’altro si smorzano come candele o scoppiano come petardi e non c’è niente da fare. Però questa settimana tutti che si sentono Padreterni e come tali si comportano: la droga delle interviste, degli scendiletto di regime, del tappetino rosso è patetica, per gli apprendisti come per le decrepite glorie, ma invincibile. Tutti fuori dal sistema! Tutti irriverenti! E nessuno capisce che è una presa per i fondelli e loro sono i primi ad essere illusi, fantocci di pezza.

Però questi sono manichini, sono meno che comparse. Sono la carne da cannone per gli affari grossi e coperti. Pare ci sia stata maretta in Rai per l’ospitata di AmaCiuri da Fazio sulla 9: un segnale? Un avvertimento mafioso? Una vendetta del prevosto piddino contro la Rai? O una sinergia talmente sconcia da non poter essere ammessa? Comunque ci sono andati e “nei corridoi” son volati gli stracci. Eccolo qui il vero Sanremo: quello che non si vede, che non si capisce mai fino in fondo, infido, sfuggente, crudele dietro i sorrisi e le boccacce, le smorfie dei cantanti che si umiliano come dei pueri.

E proveremo ancora a capire, a raccontare quello che nessuno spiega, oltre la grancassa maledetta che questo Sanremo di regime lo rivende esattamente come i vaccini, Zelensky, l’auto elettrica e le altre fregnacce dell’Agenda. Perché Sanremo è un classico prodotto agenda, anche se AmaCiuri ha fatto capire che il vento è in parte cambiato e le prediche, le retoriche di sinistra lasceranno il posto ai trattori, che a differenza di Sinner andranno a farsi disinnescare, trattati come coglioni, al pietismo spicciolo che lui chiama “cartoline della vita”. Qualcosa ai nuovi arrivati di governo bisognerà pur concederla, no? Certo però che un Paese che si ferma una settimana, due, cinque, dieci per questo immenso niente agghiacciante, per Big Mama, Rose Villain e i Santi Francesi, ha gravi, spaventosi problemi: primo dei quali, probabilmente, la permeabilità alla propaganda di regime per qualsiasi cosa siano farmaci, eroi di un giorno, balordi in processione, canaglie santificate, farmaci & alimenti da laboratorio, creati da alchimisti inquietanti alla Fulcanelli, “La vostra preoccupazione sia quella di capire la Pietra dei Filosofi, e nel contempo otterrete il fondamento della vostra salute, il deposito delle ricchezze, la nozione della vera sapienza naturale e la conoscenza certa della natura”.

Max Del Papa, 6 febbraio 2024

*ogni mattina, Max vi racconterà tutto il meglio e il peggio della puntata appena conclusa.

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