Omicron, il luminare si sfoga: “No a supposte di pessimismo”

Giudo Silvestri, docente negli Usa alla Emory Università di Atlanta, predica calma su Omicron

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Omicron, calmi tutti. Lo dice l’esperta del Sudafrica che la osserva da oltre un mese. Lo dicono numerosi medici. Lo ha ribadito anche il virologo Giudo Silvestri, docente negli Usa alla Emory Università di Atlanta, convinto che occorrano “pillole di ottimismo” contro i dispensatori di quelle che lui chiama “supposte di pessimismo”. Prima di parlare di nuove restrizioni, pericoli e mucchi di cadaveri, bisogna aspettare “pazientemente di mettere qualche numero vero sull’infettività e sulla patogenicità di Omicron”. Niente terrorismo né ingiustificati entusiasmi, insomma. Inutile, per ora, azzardare “conclusioni definitive su qualche sia l’approccio migliore alla nuova variante in termini di interventi non farmacologici”. Ovvero le restrizioni.

Calma e terza dose

Sia chiaro: Silvestri non è un cattivissimo no vax. Anzi: ritiene che occorra accelerare con le terze dosi, perché l’effetto sarà comunque quello di “ridurre la patogenicità” di tutte le varianti. Omicron compresa. Però da qui a parlare già di chiusure per la nuova mutazione, ce ne passa. “I dati clinici iniziali che vengono dal Sudafrica – spiega – suggeriscono che la variante Omicron possa causare una malattia meno severa di quella causata dalle altre varianti di Sars-CoV-2”, anche se “su questo punto preferirei aspettare fino al 15 gennaio prima di iniziare a tirare delle conclusioni ed eviterei di diffondere ingiustificati entusiasmi. Ci vogliono più tempo e molti più dati, che arriveranno senza dubbio alcuno”. Oggi in Gran Bretagna è stato registrato il primo decesso provocato da Omicron.

Omicron è un pericolo?

La stoccata, però, la lancia contro quei colleghi “più o meno illustri” che si dilettano a fare questo tipo di ragionamento: una variante più infettiva, se fatta circolare, anche se meno aggressiva dal punto di vista della malattia della precedente versione di Sars-CoV-2, alla fine porterà comunque ad un aumento delle ospedalizzazioni e dei casi gravi. E questo perché, sui grandi numeri, il totale dei casi sarà talmente alto da far aumentare anche i ricoveri in terapia intensiva. Un ragionamento che per Silvestri è in parte giusto e in parte sbagliato. Nel senso che dipende “da quanto la nuova variante sia più infettiva e da quanto sia meno patogenica”. “In altre parole – spiega il virologo – se il fattore ‘infettività’ aumentasse di molto e il fattore patogenicità calasse di poco, questo quadro si verificherebbe sicuramente. Ma se la patogenicità dovesse calare di molto, magari per motivi virologici intrinseci combinati all’effetto dei vaccini, per arrivare ad un aumento dei casi severi bisogna postulare aumenti di infettività estremamente improbabili in real life“.

Proviamo a fare qualche esempio con i numeri. Se Omicron fosse 10 volte meno aggressiva delle altre varianti, per avere tanti ricoveri in rianimazione quanti con la Delta, negli Usa bisognerebbe arrivare in 20 mesi 507 milioni di infezioni. Possibile? Difficile. Ma se Omicron fosse 50 volte meno severa, allora “servirebbero 2 miliardi e 535 milioni di nuove infezioni nei prossimi 20 mesi”. E siccome “i cittadini Usa sono 330 milioni, occorrerebbe che mediamente ciascun americano, nessun escluso, si beccasse il Covid per ben 8 volte da qui all’ottobre 2023″. “Francamente – conclude lo scienziato – temo che quest’ultimo scenario sia troppo anche per il più focoso amante delle supposte di pessimismo, per non parlare di come questo modo di pensare non sia compatibile con i principali paradigmi sul funzionamento del sistema immunitario e sulla interazione tra virus ed ospiti”. Quindi, inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Per lanciare l’allarme su Omicron è necessario prima leggere i dati. E aspettare.

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