“Ong violano le norme”. I Paesi del Sud in rivolta contro l’Ue

La dura nota di Malta, Italia, Cipro e Grecia sulla crisi migratoria: “Delusi dai ricollocamenti”

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Eccolo lo scontro che ci si attendeva. Da una parte i Paesi del Nord Europa, così lontani dalla Libia via mare da non preoccuparsi poi molto di quanto accade nel Mediterraneo. Dall’altra, i Paesi del Sud, come Cipro, Malta, Italia e Grecia, costretti da anni a sobbarcarsi tutto il peso delle migrazioni che arrivano dall’Africa. Pensate: la Ocean Viking, nave Ong sbarcata a Tolone, è stata la prima nave a raggiungere un porto francese dall’inizio della crisi migratoria. Eppure, il niet italiano ha scatenato la reazione della Francia che, oltre a inviare i gendarmi al confine con l’Italia, ha annunciato il blocco del piano di ricollocamento e ha chiesto agli altri Stati di fare altrettanto. Un invito al boicottaggio che oggi ha scatenato la reazione del “blocco Med” europeo.

Italia, Malta, Cipro e Grecia hanno infatti redatto una nota congiunta per accusare le navi Ong di operare al di fuori del diritto internazionale e per dichiararsi “delusi” dal fallimento del sistema europeo di ricollocamento. Guardiamo i dati: dal Belpaese sarebbero dovuti partire nel 2022 ben 8mila richiedenti asilo, ma ad oggi siamo fermi a 117. Di cui solo 38 in Francia. “Il 10 giugno 2022 – si legge – abbiamo approvato una dichiarazione politica che istituisce un meccanismo di relocation temporaneo e volontario, nonostante i Paesi Med 5 sostenessero uno schema di relocation obbligatoria. Purtroppo, il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno”. Non solo: “Il meccanismo si è dimostrato lento nel raggiungere il suo obiettivo dichiarato di alleviare quell’onere a cui tutti noi, come Stati membri di prima linea, siamo costantemente esposti, in quanto finora solo un esiguo numero di relocation è stato effettuato”. Il j’accuse non lascia scampo: “Tutto ciò è increscioso e deludente, soprattutto in questo momento in cui i nostri Paesi devono affrontare sempre più frequentemente una pressione migratoria, che sta mettendo a dura prova il nostro sistema di asilo e di accoglienza”.

La nota dei quattro Paesi è molto dura, anche riguardo alle attività delle Ong. “In attesa di un accordo su un meccanismo di condivisione degli oneri che sia efficace, equo e permanente, non possiamo sottoscrivere l’idea che i Paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali – si legge – soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti”. A firmare la nota sono Matteo Piantedosi con il collega maltese Byron Camilleri, quello cipriota Nicos Nouris e il greco Notis Mitarachi. “Ribadiamo – aggiungono – la nostra posizione sul fatto che il modus operandi di queste navi private non è in linea con lo spirito della cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue, che dovrebbe essere rispettata”.

I quattro Stati condividono la posizione del governo Meloni: a dover gestire i migranti caricati dalle Ong devono essere i governi di bandiera. “Ogni Stato deve effettivamente esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera – scrivono nel comunicato – Nel pieno rispetto delle competenze degli Stati costieri in conformità con il diritto internazionale, riteniamo urgente e necessaria una discussione seria su come coordinare meglio queste operazioni nel Mediterraneo, anche garantendo che tutte queste navi private rispettino le pertinenti convenzioni internazionali e le altre norme applicabili, e che tutti gli Stati di bandiera si assumano le loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali. Chiediamo alla Commissione europea e alla presidenza di adottare le misure necessarie per avviare tale discussione”.

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