Angela Carini ha vinto. È salita sul ring contro il trans algerino Imane Khelif, ha scambiato le primissime avvisaglie, alla seconda mazzata in volto si è inginocchiata in lacrime, si è arresa. Ma non è stata una resa, è stata la conquista di se stessa. E quel suo pianto non era di viltà o di paura, era di frustrazione, di disperazione per uno sport impraticabile dentro un mondo inabitabile. Angela ha vinto, nel modo più devastante, sotto gli occhi del mondo. Poteva rifiutarsi di salire come poteva continuare a combattere fino a farsi uccidere. Ha scelto di parlare col corpo e con l’umanità: io ci provo, in nome di mio padre, in nome dello sport, ma così è impossibile, così è assurdo. Adesso la mettessero come vogliono, si sfogassero come vogliono coi pronomi e gli asterischi, adesso l’informazione queer che è una lobby e delle più sconce, delle più scorrette, si sfinisse pure con le sue questioni di lana caprina sui cromosomi, sulla genetica, menzogne per confondere, per avvelenare i pozzi, per dirottare la sostanza della realtà: la realtà è che un uomo, un maschio, per cromosomi, per testosterone, sul ring con una donna non ci può, non ci deve salire anche se i Ponzio Pilato del Cio camuffano la realtà.
“Il comitato olimpico [di Parigi 2024] ha regole meno rigide e si muove ormai da tempo nel solco di una linea totalmente differente che spinge verso l’inclusività”. Cioè non esiste quello che esiste ma esiste l’ideologia woke in nome della quale mandiamo le donne, le atlete a farsi maciullare. A questo siamo ridotti? Angela ha vinto perché ha rifiutato tutto questo con la sola arma della logica e della dignità; ha salvato se stessa, le altre sportive, la civiltà, la verità. Chi scrive le si era rivolto, la aveva invitata in questa direzione pubblicamente e personalmente: non farti ammazzare. Non possiamo essere sicuri che ci abbia dato retta – certamente ci ha letto – ma questo non conta niente, conta la scelta ed è una scelta che strappa il velo della rogna di una Olimpiade irresponsabile e potenzialmente criminale. Adesso non ci sono più alibi. Adesso tutto è ristabilito.
Adesso cosa succederà? Sta già succedendo: la gogna, le accuse di viltà, di omofobia, di antisportività. Tutte cazzate. Lo sapevi Angela, ma questo credi pure è niente rispetto al coraggio che hai saputo osare. Lo sapevi prima di combattere, prima di salire, che ti avrebbero odiata poi, che non te l’avrebbero perdonata. Perché se vai contro la Narrazione globale devi essere punita. Ma pensa solo a quanti medici sono stati sospesi, radiati, perseguiti, pensa a quanti (pochi) giornalisti, pensa alle vittime, in qualsiasi senso, in qualunque contesto. Pensa a Muhammad Ali, il Più Grande, un pugile come te, che per non adeguarsi alla Narrazione, che c’era anche allora, che c’è sempre stata, perché non è altro che la voce del Potere, per non tacere, lui ha perso tutto: il titolo, i miliardi, il futuro. “Nessuno può battermi sul ring e nessuno potrà battermi nella mia verità. La boxe è niente se non posso essere libero”. E libero fu, a costo di mendicare una paga da sparring partner, lui campione dei campioni, di tenere discorsi all’università, lui dislessico e illetterato, di finire perfino in galera per non essersi voluto arruolare, “nessun vietcong mi ha mai chiamato negro”, frase spericolata ma libera.
Adesso tu Angela sei libera. Libera di farti odiare, ma libera da catene di ipocrisia. Libera di te, per te. Libera nella tua verità in faccia al mondo. Adesso sei libera e già il mondo impossibile, lo sport impossibile si chiede se abbia senso così, se sia logico e prudente mandare una donna a farsi ammazzare in nome di un conformismo di merda, micidiale, criminale. La follia per cui uno si alza e si percepisce. Se Tyson si fosse percepito femmina, lo si mandava a staccare la testa dal collo alle femmine? Tutto questo cambierà, Angela, tutto questo sta già crollando e per merito tuo. Del tuo coraggio. Della tua dignità. Piangi pure, adesso: domani nessuno potrà dirti che sei una combattente paurosa. Perché tu sai che fa più paura l’odio del mondo di un cazzotto che ti sfascia la faccia.
Lascia pure che si incazzino: stai facendo piangere con te di commozione l’altra parte del mondo, quella che non ha rinnegato la sua umanità. La sua verità. Avevano detto che andava bene così, che dovevi adeguarti, che “sono i regolamenti”: per ogni Cristo che s’immola c’è sempre un Ponzio Pilato. Quali regolamenti, quali se un uomo nato, certificato, biologicamente confermato, viene fatto passare per donna perché così pretende, perché così si vuole? “Ho scosso il mondo, sono libero!” urlava Cassius Clay, non ancora Ali, dopo la prima vittoria contro l’invincibile Sonny Liston. Anche tu Angela hai scosso il mondo e adesso sei libera. Tutto il resto, vedrai, passa presto. Tutto il resto non esiste come non esistono le balle.
Chi mai potrà accusarti di calcolo o di paura? Chi potrà dire a una combattente che non ha combattuto se ha sfidato il mondo? Ali torna, riconquista il titolo, diventa l’essere umano più riconosciuto sulla faccia della terra, più del papa, di qualsiasi capo religioso, di qualsiasi capo di Stato, potente della terra, rockstar, divo del cinema. Fosse stato solo Il Più Grande fra i pugili, fra gli atleti, non ce l’avrebbe fatta. Ma lui si era guadagnato il mondo col coraggio. “Tutto l’odio verso di me si è trasformato in amore ed io vorrei che la gente si amasse così come ama me”. Angela non piangere, lasciali parlare, tu non hai perso un incontro, tu hai vinto laddove chiunque si sarebbe arreso. Hai scosso il mondo. E adesso sei libera.
Max Del Papa, 1 agosto 2024
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