C’è un giallo che aleggia sull’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo. Un giallo che riguarda l’operato delle Ong nel Mediterraneo e che investe in pieno il processo ai danni di Matteo Salvini, al tempo ministro dell’Interno del governo gialloverde, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atto di ufficio in riferimento alla decisione di lasciare 147 migranti sulla Open Arms al largo di Lampedusa.
Il mistero del sottomarino
Il mistero, una sorta di spy story in pratica, lo mette sul piatto del processo penale l’avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno. La parlamentare leghista, che all’epoca era anche lei ministro, in aula ha riferito dell’esistenza di “materiale importante, adesso depositato dalla procura, che non è mai stato offerto alla valutazione dei giudici che si sono occupati di questo caso”. Nella sostanza parliamo di “un video fatto dal sommergibile Venuti” e di “alcuni file audio di intercettazioni che attestano un comportamento anomalo della Open Arms“. L’accusa della difesa di Salvini è dura: “Non siamo stati messi in condizione di difenderci”. Secondo la Bongiorno quell’informativa era stata spedita alle procure di Roma, Palermo, Agrigento e Siracusa, eppure non sarebbe “mai stata depositata, neanche alla giunta delle autorizzazioni a procedere del Senato”.
Lo sconcerto della Lega
Fonti vicine a Matteo Salvini si mostrano sconcertate. Sebbene quell’informativa fosse a conoscenza di diverse procure, dicono dagli ambienti leghisti, “né il Tar, né la difesa né il Parlamento, né il Gup hanno potuto visionare e conoscere un materiale così rilevante e che può riscrivere la storia di un processo dove l’allora ministro dell’Interno rischia fino a 15 anni di carcere”. Per il parlamentare della Lega Jacopo Morrone “l’Italia delle manine occulte che nascondono prove rilevanti per cambiare la storia torna a colpire”. Il pm Geri Ferrara assicura invece che sono stati loro “a depositare nei giorni scorsi il materiale quando ne abbiamo avuto cognizione”. Ma al netto dei dettagli di procedure penali, la domanda è: di cosa si tratta?
Tutto nasce dall’udienza avvenuta in aula a processo di un dirigente del Viminale, Fabrizio Mancini. Il funzionario aveva spiegato che nella zona del soccorso in cui la Open Arms nell’agosto del 2019 aveva recuperato i migranti, poi diventati oggetto del contendere con Salvini, era presente un sommergibile della Marina. “Il primo agosto 2019 – spiegano fonti vicine a Salvini – l’unità subacquea aveva ripreso, fotografato e registrato Open Arms e il barcone carico di 50 migranti”.
“Il file può riscrivere tutto”
La difesa di Salvini ritiene quel documento “importante” ai fini del processo. “Significa – spiegano sempre fonti leghiste – che in quell’agosto 2019 c’erano dei sospetti sull’attività della ong, informazione che però non era arrivata sul tavolo del Tar che poco dopo aveva deciso di bocciare il provvedimento dell’allora Ministro Matteo Salvini”. L’ex ministro dell’Interno aveva deciso di bloccare l’ingresso alla nave Ong, decreto bocciato dal Tar secondo cui non vi erano ombre sulla condotta della Ong. Se i giudici amministrativi avessero potuto leggere quell’informativa, ritiene però lo staff del ministro, allora “avrebbe potuto riscrivere la vicenda”. Dal file emergerebbe “che due persone, di cui una ‘probabilmente a bordo’ della Open Arms, parlavano in spagnolo e che verosimilmente si trovavano a poca distanza l’una dall’altra“. Dopo questo dialogo “la OpenArms aveva cambiato rotta senza motivo apparente: guarda caso, si era avvicinata al punto esatto dove era presente un barchino con dei migranti”. I legali di Salvini sono convinti che questo materiale possa “provare la presenza di scafisti e di comunicazioni rilevanti con la Ong“; mentre per la procura il video conferma solo le condizioni precarie del gommone poi soccorso dalla Open Arms.
Tutti fatti ovviamente ancora da verificare. Al termine dell’udienza, l’avvocato Bongiorno ha spiegato che “ci sono degli elementi dai quali sembrerebbe che in qualche modo vi furono delle condotte anomale da parte dell’Ong. O quantomeno ci sono dei sospetti su questa Ong che sono assolutamente già documentati nell’informativa”. Il legale vuole vedere “l’informativa fantasma” in cui “si fa riferimento di una comunicazione tra un personaggio a bordo dell’Ong e un altro personaggio in zona dell’Ong”.
Intanto, ieri al processo sono sfilati come testimoni i due ex ministri Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli. Entrambi hanno addossato tutte le colpe delle scelte politiche di chiudere i porti alle Ong all’ex collega Salvini, assicurando di non aver mai parlato di questi temi in Cdm e di aver rifiutato di firmare il secondo decreto che avrebbe bloccato la Open Arms dopo che il Tar aveva bocciato il primo. La prossima udienza, prevista per il 13 gennaio, vedrà al banco dei testimoni l’ex premier Giuseppe Conte e gli ex ministri Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio.