Se, nel corso delle ultime settimane, la Crimea poteva essere il punto di partenza per instaurare una prima soluzione di compromesso tra Ucraina e Russia; dopo le rivelazioni del New York Times, l’ipotesi sembra sempre più sfumare. Non solo per le clamorose dichiarazioni di ieri del presidente ucraino Zelensky – “Non so se Putin sia ancora vivo” – ma anche per la risposta, sia economica che bellica, degli Stati Uniti di queste ultime ore.
Il quotidiano americano, infatti, ha affermato che Washington sarebbe pronta a sostenere Kiev anche nella conquista della penisola, riconosciuta russa – ma solo dal Cremlino – a partire dal 2014, quando Mosca decise di indire un referendum sull’ammissione della Crimea alla Federazione, ma senza essere riconosciuto dalla comunità internazionale.
Nonostante tutto, da lì in poi, la penisola è diventata de facto amministrazione di Putin, conclamata con la costruzione del ponte di Kerch, l’infrastruttura di 18 chilometri – la più lunga d’Europa – che collega la Crimea direttamente al territorio russo. Già negli scorsi mesi, le forze speciali ucraine cercarono di colpire i russi nel cuore della penisola, arrivando a pianificare ed attuare un vero e proprio sabotaggio proprio sul ponte di Kerch, che causò l’interruzione per giorni della mobilità di Mosca. Un danno cruciale, che nei fatti rendeva la Crimea totalmente isolata anche nelle semplici forniture di cibo, acqua ed armi.
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Lo scenario, quindi, rimane costantemente esplosivo, e pare che l’asticella possa essere alzata sempre di più. La Cnn, infatti, ha riportato la recente intenzione di Washington di inviare un nuovo pacchetto militare a Kiev, pari a 2,5 miliardi di dollari. Tra le armi, vi sarebbero anche i temuti veicoli da combattimento ruotati Stryker, già chiesti nelle settimane precedenti dal governo di Kiev.
D’altro canto, la vice portavoce del Pentagono, Sabrina Singh, è stata chiara: “L’Ucraina ha tutto il diritto di riprendersi la Crimea, che è parte integrante del Paese. Certamente, gli Stati Uniti sosterranno gli ucraini nel riconquistare i loro territori con ogni mezzo e con ogni arma”. Parole che sanno di un sostegno a tempo indeterminato, ma che non trova il plauso di tutti gli Stati appartenenti all’alleanza Nato.
Tra le eccezioni, esemplare è il caso della Germania. In queste ultime ore, infatti, il cancelliere Scholz sta tentennando circa l’invio dei carri armati Leopard all’Ucraina, e la “confessione” è arrivata direttamente dal ministro della Difesa, Boris Pistorius, a margine della riunione dei ministri della Difesa dei Paesi alleati a Ramstein: “Abbiamo una responsabilità nei confronti della Germania e dell’Europa, per questo dobbiamo soppesare bene la decisione“. Nonostante tutto, la scelta potrebbe ribaltarsi, se solo gli Stati Uniti decidessero di procedere all’invio dei loro carri armati Abrams. Insomma, la palla è in mano – come sempre – a Washington. E pare che gli altri Paesi dovranno seguire l’onda americana.
Matteo Milanesi, 20 gennaio 2023