Ora la sinistra vuole pure scegliersi la destra

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Il sogno della sinistra di realizzare una destra a propria immagine e somiglianza compie un salto di qualità e si fa partito, nasce la Buona Destra. Padrino del movimento politico che avrà il suo battesimo in autunno, è Filippo Rossi che pochi mesi fa ha pubblicato Dalla parte di Jekyll. Manifesto per una buona destra per Marsilio.

La storia politica di Filippo Rossi è ondivaga; finiano di ferro, poi candidato come sindaco alle comunali di Viterbo nel 2013, ci riprova anche alla tornata successiva prima della sterzata liberal che lo porta a candidarsi con +Europa fino ad arrivare all’ultima avventura con la nascita del partito Buona Destra. Un nome sulla carta interessante ma la destra, per essere davvero buona, deve anzitutto essere credibile. Ci chiediamo con quale credibilità chi si è candidato come capolista con +Europa alle regionali del Lazio a sostegno di Zingaretti solo due anni fa, oggi lancia un partito definendolo di destra?

Nulla di personale, ci mancherebbe – di Rossi abbiamo apprezzato il libro Fascisti immaginari, scritto con Luciano Lanna e l’attività svolta con il festival Caffeina -, ma è un fatto di credibilità politica e la constatazione che non si può continuare a utilizzare a sproposito il termine destra. Entrando nel merito del suo nuovo movimento, già le premesse sono errate; la destra è per definizione portatrice di valori positivi e propositivi, un partito che nasce in chiave “anti salviniana e meloniana”, “antisovranista e contro i populismi” si origina con un grave vizio di forma. Parlare inoltre di “destra europeista” è sbagliato, la destra è – e deve essere – europea ma non europeista che è cosa ben diversa.

C’è poi un altro cortocircuito di fondo, lo stesso Rossi che denuncia la propaganda dei partiti sovranisti, utilizza una comunicazione social che definire populista sarebbe un complimento, basta scorrere la sua pagina Facebook per rendersi conto dei toni utilizzati che sono l’opposto di una destra istituzionale e, più che offrire un contributo di discussione e politico-culturale al dibattito, sembrano orientati alla ricerca del like facile. Quando nel suo libro parla di una “destra truce” che utilizza “un linguaggio volutamente scarno e barbaro”, sembra riferirsi ai suoi contenuti social. Rossi è ossessionato da Matteo Salvini e Giorgia Meloni, un’ossessione che lo porta a un’analisi del contesto politico italiano per nulla razionale ma sovente livorosa e faziosa.

Così, la lettura del suo libro, risulta un’occasione persa, un testo che avrebbe potuto aprire un dibattito interessante, diventa una denuncia contro Salvini e la Meloni che spingono l’Italia “fuori dai confini della democrazia liberale e dello Stato di diritto”. La perdita di lucidità di Rossi emerge a pagina 19 quando, riferendosi a Lega e FdI, scrive: “parliamo di una destra psicologicamente nazisteggiante”. È evidente vi siano alcuni aspetti nella comunicazione, nei toni, nel posizionamento politico della destra italiana che andrebbero rivisti ma una critica costruttiva – compito del mondo culturale e intellettuale – è l’opposto di quella compiuta da Rossi.

La Buona Destra è un partito che senza dubbio piacerà alla sinistra e sarà funzionale allo schema politico e mediatico progressista di etichettare gli attuali partiti di centrodestra come estremisti, lungi da noi distribuire patenti di cosa e chi sia di destra e chi no ma vi sono evidenze schiaccianti che ci portano a dire senza timore che, a dispetto del nome, la Buona Destra non ha nulla a che fare con la vera destra.

Francesco Giubilei, 1 luglio 2020

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