Ora lo sanno tutti: il grillismo è una patacca

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Al netto dello sconvolgimento politico e democratico causato dalla pandemia, la quale ha decisamente favorito “l’usato sicuro” della sinistra chiusurista, il declino inarrestabile dei grillini viene da più lontano. Esso è contenuto nelle tre principali ragioni che hanno determinato il successo travolgente di un partito di carta fondato da un comico. In pratica i seguaci di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno rapidamente guadagnato un enorme credito nei confronti di tanti italiani perché si presentavano come “nuovi”, battevano ossessivamente il tasto dell’onestà e ostentavano un preoccupante, per noi garantisti, atteggiamento forcaiolo. Caratteristiche, queste ultime due in particolare, che tanto continuano a piacere ai devoti del travagliamo, sempre alla ricerca di qualcuno che riesca a trasformare il Paese in una repubblica giudiziaria.

Sta di fatto che molte persone, anche dotate di un certo acume politico, hanno ritenuto che con questo inquietante biglietto di presentazione i pentastellati potessero realmente imprimere quel chimerico cambiamento il quale, come la mitica Araba Fenice, nessuno sa dire in cosa esattamente consista. D’altro canto, l’idea del nuovo in politica, dopo la lunga stagione del consociavitismo della Prima Repubblica e i successivi fallimenti del cosiddetto bipolarismo, sembra ancora rappresentare un grande, anche se a mio avviso assai illusorio, richiamo per una buona parte dell’elettorato. In particolare, lo è per gli eredi di quella tradizione comunista che per decenni hanno creduto che per migliorare le cose il ricambio della classe dirigente, con persone dalle presunte mani pulite, fosse prioritario, a prescindere dalla linea politico-programmatica sostenuta.

Quindi, sulla base di essere nuovi, incontaminati e onesti, i grillini hanno creato così tante aspettative favorevoli da portarli a raccogliere una vera e propria valanga di consensi nelle elezioni politiche del 2018. Dopodiché è immediatamente iniziato un rapidissimo riflusso, condannando il Movimento 5 Stelle ad entrare nel grande ripostiglio dell’irrilevanza politica. Proprio sulla base delle eccessive aspettative suscitate, secondo un meccanismo del tutto fisiologico in democrazia, si può dire che i grillini abbiano scontentato tutti.

In primis gli adoratori del nuovo, i quali hanno dovuto prendere atto che i loro beniamini eletti, conquistata la poltrona, si sono comportati spesso anche peggio dei “vecchi” politici oggetto delle loro critiche. In secondo luogo, hanno profondamente deluso i seguaci del travaglismo alleandosi con quei partiti, su tutti il Pd, indicati per anni da Grillo & company come il male assoluto. Inoltre, avendo sparso demagogia a piene mani, promettendo soluzioni elementari per problemi molto complessi, sono riusciti a convincere anche gli appartenenti a fazioni contrapposte – come quelle pro e contro l’alta velocità in Val di Susa o pro e contro il gasdotto adriatico – che in ogni caso i grillini non sarebbero mai potuti essere una soluzione, bensì un problema, visto l’effetto paralizzante prodotto dalla loro azione di governo.

In sintesi, una volta compreso che il nuovismo forcaiolo grillino era una patacca, e che al posto di una ordinata Repubblica degli onesti si stava creando un caos amministrativo senza precedenti, soprattutto sul piano dell’emergenza pandemica, tanto da doversi affidare al Cincinnato Mario Draghi, sono evidentemente cadute le ultime, residue ragioni per votare un M5s che appare più né di lotta e né tanto meno di governo.

Claudio Romiti, 7 ottobre 2021

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