“L’Ucraina ha bisogno di dieci volte di aiuti militari in più per terminare l’aggressione russa quest’anno”. È questo il monito lanciato da Kiev agli Stati dell’alleanza atlantica, dopo la riunione di Ramstein di giovedì scorso, in cui ha partecipato anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Nella città tedesca, si è ribadito il sostegno indeterminato all’Ucraina, aprendo la strada anche all’invio dei caccia occidentali, fino a poco tempo fa una posizione minoritaria sostenuta solo dal governo polacco.
La Nato, stando alle parole del suo segretario generale, vuole alzare il tiro, anche se qualche mese fa, sul sito nicolaporro.it, indicavamo la fortissima carenza di munizioni dell’Occidente, in seria difficoltà nel garantire regolari forniture a Zelensky. A fronte di una produzione mensile pari a 14mila 155 mm, infatti, l’Ucraina ne richiedeva quasi 250mila. La produzione mensile della General Dynamics (tra le più grandi società conglomerate statunitensi specializzate in forniture militari) non era sufficiente neanche per un giorno di guerra.
L’appello per un ulteriore aumento delle forniture è arrivato direttamente dal viceministro della Difesa, Andrij Melnyk, in un tweet: “Siamo grati ai nostri alleati per il loro aiuto militare. Ma non è sufficiente. L’Ucraina ha bisogno di 10 volte di più per terminare l’aggressione russa quest’anno”, arrivando a chiedere di spendere l’1 per cento del Pil degli Stati occidentali per la fornitura di armi all’Ucraina.
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Una chiara risposta alle parole del segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, il quale poche ore fa ha stimato il supporto atlantico a Kiev intorno alla colossale cifra di 55 miliardi di dollari. Per Melnyk, però, non è abbastanza: “Sembra una cifra enorme, ma se pensiamo alla Seconda Guerra Mondiale, con cui purtroppo possono essere fatti numerosi paragoni, in quel caso nell’ambito del programma di prestiti Usa vennero forniti aiuti per oltre 50 miliardi di dollari. Oggi, corrisponderebbero a 700-800 miliardi”.
Anche sull’altro lato, quello russo, cominciano ad alzarsi venti di preoccupazione sulla corsa agli armamenti, definita ormai “incontrollabile” dall’ambasciatore generale del ministero degli Esteri russo, Grigory Mashkov: “C’è un ovvio bisogno che la Russia sviluppi il suo potenziale missilistico tattico, per aumentare ulteriormente l’efficacia del suo uso e per rispondere efficacemente a qualsiasi sfida alla sicurezza nazionale, anche a Kaliningrad, dove la Nato minaccia il territorio della Federazione Russa”.