Quella tra Milan e Roma era stata presentata – a ragion veduta – come sfida tra deluse della Coppa Italia; nei fatti, oltre ad essere uno scontro importante in ottica Champions, rappresentava anche un’immediata opportunità di riscatto per due club che avevano visto naufragare anzitempo un importante obiettivo stagionale. Il responso del campo, chiaro e inequivocabile, ha premiato i rossoneri che hanno così rafforzato il 3° posto solitario ed incrementato il margine sulle inseguitrici (+8 sulla Fiorentina quarta). La sconfitta maturata alla Scala del calcio ha certificato invece il profondo stato di crisi della Roma – protagonista finora di una stagione incolore – ed è costata la panchina a José Mourinho, la cui posizione peraltro era già da tempo non così solida.
I capitolini sono sprofondati al 9° posto in classifica, con 29 punti racimolati in 20 partite, frutto di 8 vittorie, 5 pareggi e ben 7 sconfitte; principale nota dolente la grande fragilità di un reparto arretrato che ha già incassato la bellezza di 24 reti (media di oltre una rete subita a partita). Decisamente poco confortante poi il ruolino di marcia con le big del campionato; negli incroci con squadre che la precedono in classifica, la Roma è uscita vincitrice in una sola occasione, nel match casalingo prenatalizio contro un Napoli anch’esso in crisi di risultati.
Nel 2021, l’arrivo di Mourinho alla Roma, quasi inatteso, era stato accolto con grande entusiasmo da tifosi e addetti ai lavori; il suo carisma ed il suo DNA vincente lo rendevano l’allenatore ideale per un club che voleva rilanciare con forza le proprie ambizioni in Italia ed in Europa. Tra Mourinho e la piazza è stato amore a prima vista e va dato atto al tecnico portoghese di avere rianimato la Roma giallorossa, tornata finalmente a sognare in grande ed a riempire con continuità lo stadio Olimpico.
Andando però ad analizzare questi 2 anni e mezzo sotto la guida del portoghese, appare evidente come i risultati siano stati inferiori alle attese, con qualche luce in ambito europeo e molte ombre tra Serie A e Coppa Italia. Il trionfo in Conference League (terza competizione europea in ordine di importanza) maturato nel primo anno di Mou alla Roma rappresenta sicuramente il punto più alto della sua gestione; resta invece un grande rimpianto la sconfitta nella finale di Europa League della scorsa stagione contro il Siviglia.
Come anticipato però è proprio in Italia che la Roma ha maggiormente deluso.
Dopo aver chiuso il campionato 2021/2022 al 6° posto, nella scorsa stagione i capitolini hanno confermato il piazzamento dell’anno precedente, “beneficiando” della penalizzazione della Juventus che altrimenti le sarebbe finita davanti; e nella stagione in corso le cose non stavano affatto andando meglio. Seppure ancora in lotta per il 4° posto (la Fiorentina dista 5 punti) il rischio di rimanere fuori dalla Champions League (e più in generale dalle coppe europee) anche nella prossima stagione era quanto mai concreto.
E se il campionato è stato avaro di soddisfazioni, non è che la Coppa Italia abbia regalato grandi gioie ai capitolini con la Roma che nelle ultime tre edizioni della competizione si è sempre fermata ai quarti di finale.
Oltre a risultati non in linea con le aspettative, alla Roma di Mourinho è mancata terribilmente una chiara identità di gioco e soprattutto non si è visto un percorso di crescita e maturazione della squadra sotto la sua gestione; spesso e volentieri il nervosismo ha avuto il sopravvento sia sulla tecnica che sulla tattica.
Certamente la rosa ha qualche limite in termini di profondità e di alternative, requisiti questi che sarebbero indispensabili per lottare al vertice in Italia e in Europa; in tal senso i paletti imposti dal fair play finanziario hanno impedito a Tiago Pinto (in uscita dalla società al termine del mercato di riparazione) di fare investimenti importanti sui cartellini dei calciatori, costringendolo ad operare principalmente su operazioni a parametro zero o in prestito.
Anche in un contesto difficile, il General Manager portoghese è riuscito a portare a Roma calciatori interessanti, tra i quali spiccano due assoluti big come Dybala e Lukaku; al netto dei problemi fisici dell’argentino che ne impongono un utilizzo talvolta part time, Paulo e Big Rom formano un reparto d’attacco devastante, un vero lusso per il calcio italiano.
La convinzione è che la Roma abbia un potenziale superiore rispetto a quello espresso finora e che non le manchi nulla per lottare con regolarità per quel 4° posto che significa Champions League, vitale per alimentare il progetto di crescita del club, soprattutto per le risorse che tale competizione può garantire.
In una recente intervista Mourinho aveva detto di non essere Harry Potter e di non avere la bacchetta magica; in realtà, lo Special One, che oltre ad essere un grande allenatore è un abile comunicatore, ha cercato spesso e volentieri di distogliere l’attenzione da ciò che succedeva sul rettangolo di gioco senza assumersi la propria parte di responsabilità per una stagione fin qui deludente.
La società ha deciso quindi di voltare pagina, archiviando il capitolo Mou ed affidando la panchina a Daniele De Rossi; starà ora a Capitan Futuro provare a rivitalizzare una squadra che ha perso entusiasmo e fiducia nei propri mezzi con l’obiettivo primario di risalire la china in Serie A ed agguantare quel piazzamento Champions così ambito e desiderato.
Enrico Paci, 16 gennaio 2023
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