La pandemia è stata tutto un affare di menzogne. Enormi, maledette, incontrastate. Menzogne di potere, di regime, di unica narrazione. Menzogne a Matrioska, una dentro l’altra, l’ultima, la più piccina, nel senso della meschinità, è che tutto quello che facevano, che ci facevano, era dettato da ragioni superiori del genere scientifico: è la scienza, ce lo chiede la scienza, come quando qualche vergogna supplementare ce la chiede l’Europa. L’effetto è stato lo stesso e anche a livello di codice penale non siamo molto lontani, non fosse che in Unione hanno dei giudici, qui solo dei propagandisti di partito. Un Partito. Quel Partito. Lo stesso della scienza, cioè delle vestali, cioè delle suffragette, in qualche caso groupie, e fermiamoci qui, che hanno preteso di incarnarla, di parlare a nome suo.
La carica dei virostar… di sinistra
La scienza, la scienza. Ma non era niente, era la più sporca delle menzogne, la più puttanesca delle operazioni di potere. L’avevamo capito presto, col libro abortito a nascere di Speranza, capace di tratteggiare la pandemia presunta come una magnifica seconda chance gramsciana, un modo per rivoluzionare la società lasciandola per sempre nelle grinfie dello stato; da lì, è stata solo bagarre, coi per brevità chiamati virologi, in effetti zanzarologi, igienisti, veterinarie, alchimisti, carbonari, “masoni”, come li chiamava er sor Brega, a rincorrere, sgomitandosi, il fatidico scranno parlamentare. Tutti di un Partito. Quel Partito. Contraddicendosi fra loro. Un po’ cantando e un po’ sputtanandosi, un po’ ballando sotto le stalle della scienza e un po’ accoltellandosi con la lingua, per invidia, per carrierismo osceno. Tutti passati dall’irridere il virus al farne un dio, dal perculare i primi ossessivi mascherati al volere imporre la maschera anche al cesso, dal risucchiare involtini en plen air a voler vietare anche il caffettino al bar. In collaborazione con la quasi totalità dell’informazione zoccolesca, stretta in un sol uomo, il narratore unico. Di che? Del Partito. Di quel Partito.
E non ce n’è uno che non gli appartenga, come nella canzoncina di Ambra. Lopalco Pierluigi, fiondato alla Sanità pugliese, salvo subito questionare col capone regionale Emiliano, Pd. Crisanti Andrea, infilato in Parlamento per il Pd, strafottente al punto di bacchettare pure Mattarella a teatro e tuttora di pretendere “un tampone prima del cenone” (ma va’ in mona). Adesso, ultima foglia di fico a cadere, Pregliasco Fabrizio, già in saldo, finalmente raccattato dal Pd, corrente Majorino, quello dei centri sociali: e pazienza se, ipse dixit, la compagna lo chiamerà “pirla” una volta di più (del resto non è l’unica), se faticherà a concederglisi, semper ipse dixit, una volta di troppo (del resto, c’è da capirla, ampiamente). Gli altri che stanno come d’autunno sugli alberi le foglie sono… beh, sono tutti gli altri. Tutti per uno. Un Partito. Quel Partito, nelle sue tentacolari articolazioni.
C’è il Burioni Roberto, filiale Renzi, agenzia Italia Viva, che vedrete presto o tardi rientrerà nella casa madre grazie ai buoni uffizi di Fabio Fazio. C’è Galli Massimo, fresco pensionato e freschissimo rinviato a giudizio, ma per un caso solo nella città di Concorsopoli, eterno sessantottino che non ha mai fatto mistero del desiderio di un divano o almeno strapuntino, meglio se elargito dalle ali estreme, Articolo 1, Sinistra Verde (anche nera, d’incazzatura, citofonare Soumahoro). C’è Viola Antonella, quella che si crede bella, che si scolla, che si accolla, anch’ella più a sinistra, giro Zan e diritti sessuali (qui, mica in Qatar o in Iran). C’è Capua Ilaria, orfana di quel supermediocre di Mario Monti (se lo avete sempre considerato governativamente un poco di buono, confortatevi leggendo cosa ne pensasse Antonio Martino su Il Padreterno è liberale di Nicola Porro), e, adesso, ri-orfana dell’in tutto legittimo successore, Mario Draghi (idem con disprezzo, sempre da Martino).
I burocrati della sanità
C’è Bassetti Matteo, da Genova, quanto a dire tutto e il contrario di tutto, già spudoratamente autoproposto alla Lega, senza esito, una mosca verde, ma diremmo pronto a qualsiasi opzione.
Non è finita. Ci sono pure i burocrati della sanità (la scienza lasciamola perdere, per carità): i Ricciardi Walter, infilato da Calenda nel board del suo circolo politico, il più zdanoviano, che ancora pretenderebbe chiusure e arresti. Ci sono, citiamoli di sliscio, i vecchi dei decaduti, i Rezza Giovanni, gli Abrignani Sergio, i Miozzo Agostino, i Brusaferro Silvio, la pletora in seno ai vari carrozzoni governativi, Iss, Aifa, e poi il leggendario Cts, quello che filtrava, ma spesso determinava, le decisioni dell’indicibile Speranza a trazione cinese, un comitato tecnico scientifico che se di scientifico aveva poco, di tecnico aveva troppo, un coagulo di personaggi dalle più eventuali e improbabili occupazioni data la natura dell’emergenza per cui era stato fondato, come il dirigente di polizia Ciciliano Fabio, la presidenta del comitato etico dello “Spallanzani”. Un comitato che, per ragion d’esistere, conformazione, omogeneità e soprattutto risultati, ricordava molto quelli istituiti da Cossiga nella fallimentare gestione del rapimento di Moro. Tutti intorno a un Partito. Quel Partito.
Infine, per completezza, abbiamo un altro missile, sparato, vedrete, vedrete, sulle coordinate di Montecitorio o Palazzo Madama: è il boss di Gimbe, curiosa Fondazione specializzata nel fornire numeri puntualmente preoccupanti, come piaceva al regime sanitario, finanziata dalle multinazionali dei farmaci e dei vaccini (fonte: l’Indipendente del 29 maggio 2021, mai smentita), che a qualcuno può ricordare una Ong per l’attitudine a dipanare attività lobbistica. Il suo padre padrone, Nino Cartabellotta, si è distinto, nel tempo, per una serie di gaffe e per qualche filastrocca sul “cugino senza vaccino che a Natale va chiuso nello sgabuzzino con un tramezzino” (tutti questi alfieri della scienza tradiscono botte d’infantilismo preoccupanti).
Tutte le follie spacciate per scienza
Uno per tutti, tutti per uno: il Pd. La scienza, por favor, lasciamola lì. Tutta questa gente, insieme, va detto, a due governi di fila, a un capo dello stato, al 99% del circo mediatico e informativo, a cooperare per il più immane, perverso, vergognoso, mortificante, criminale disastro nella storia patria: i dati sulle conseguenze di una gestione tanto infame non si contano più, non si fermano più, aumento di contagi, di decessi, di infermità casualmente post N-dose, di cancri non curati, di sfascio sanitario, di alienazione, di divisione sociale, di alcolismo, di violenza giovanile, di psicosi, di sfiducia, di prezzi, di fallimenti, di sussidi, di attività saltate (più di un milione in 2 anni e 2 governi).
Tutto questo, ci hanno detto che era stato per la scienza; lo voleva la scienza; lo comandava la scienza. Non poter prendere un bicchier d’acqua seduti, ma in piedi sì, era la scienza. Negare a un bambino non “il tramezzino”, ma il giocattolino, era la scienza. Poter comprare una canotta su uno scaffale, ma non un paio di mutande sullo scaffale di fianco, era la scienza. Non chiedersi il perché di obblighi e divieti manicomiali, era la scienza. Le 4 dosi l’anno di pozione, non testata, non sicura, era la scienza (no: era la Ursula insieme al Bourla di Pfizer). Le infermiere che si dipingevano la faccia coi segni della mascherina poi correvano a Dubai, nota patria dei diritti umani, a selfarsi in bikini, erano la scienza. I sanitari che vedevano la gente morir come mosche, però trovavano modo di organizzare coreografie alla don Lurio, erano la scienza. Le Wild Lucarelli che volevano i “novax” ridotti a poltiglia verde, erano la scienza. I caregiver da remoto, saltafila da prossimo, erano la scienza. I malati di mente con la pezzuola verde, tossica, in auto sigillata ermeticamente, da soli, erano la scienza. L’odio verso chi non si fidava, era la scienza. Le cure tutte sballate, i respiratori assassini (negoziati da chi? Da chi?), tachipirina e vigile attesa, le cure alternative negate, i farmaci da banco vietati, la lenta via crucis del dottor De Donno, era la scienza. La perdita del lavoro per i non plurivaccinati, era la scienza. Il greenpass era la scienza. Non ti vaccini ti ammali muori era la scienza (no, era tutto il contrario). I coprifuoco sempre allungati, a botte di Dpcm eversivi, era la scienza.
Dobbiamo continuare? C’era un gruppetto, che al confronto i (presunti?) ladri di galline in seno all’Unione erano chierichetti, che ha organizzato, protratto, inflitto tutto questo. Ed era ramificata ma tutta, senza eccezioni, avvolta nella stessa ragnatela rossa. Mosche felici di starci dentro. Lo sanno tutti che questi oscuri generici della sanità, una volta sballati con l’aroma della notorietà, non sono disposti a smettere, anzi ne vogliono di più, sempre di più, a qualunque costo, a qualsiasi prezzo. E di prezzi, in termini di serietà, di credibilità, ne hanno pagati tanti, ma mai quanti ne hanno fatti pagare a noi a livello di salute, in tutti i sensi. La menzogna più schifosa è che tutto questo avvenisse per la scienza, quando di scientifico c’era solo la costruzione di un discutibile potere personale da una parte, e del Partito, che li ingloba, dall’altra.
Non ne siamo ancora fuori
È andata bene per due anni e passa, poi erano tutti talmente idioti che sono franati. Ma la fake news più invereconda, che nessun debunker ha mai confutato, quella rimane. Per forza, quelli non solo sono della stesso gruppetto, ma per sovrappiù non sono giornalisti, al massimo apprendisti, giornalisti falliti, ridottisi a spiare i giornalisti più o meno veri. È andata così, non ne siamo ancora fuori del tutto e chissà se ne usciremo mai. La storia della pandemia è stata storia di un regime, di sinistra, cinese, regime sciagurato, crudele. Inutile. Esiziale. Con troppo Speranza ma senza speranza. Ecco dove può arrivare l’egemonia quando si trasforma in una colossale tela di ragno rosso. Qualcuno può ancora pensare che potesse andare diversamente?
Max Del Papa, 20 dicembre 2022